Mentre aspetti che le luci si spengano e lo spettacolo cominci, ti viene in mente un vecchio film. Aveva un titolo strano anche per chi, in quell’anno, il 1968, voleva la fantasia al potere, Artisti sotto la tenda: perplessi. Portava la firma di Alexander Kluge, protagonista del Nuovo Cinema Tedesco, vinse il Leone d’oro alla Mostra di Venezia. La trama raccontava, racconta, di Manfred Peickert, che una caduta mortale dal trapezio strappa al progetto di cambiare il circo, innalzandone la qualità e coinvolgendo il pubblico. La figlia Leni raccoglie la sfida, da cui usciranno vincenti gli imperativi economici e il rifiuto degli spettatori, che al circo vanno per applaudire i clown, le bestie feroci, gli acrobati, i giocolieri. Dalla Germania a Torino, trent’anni dopo. Paolo Stratta, chissà se aveva visto il film?, fonda il Cirko Vertigo. A tentare, nella vita reale, la strada di Manfred e Leni, lo spinge la già lunga esperienza del teatro di strada e del circo contemporaneo. La scommessa è tutta lì, in quell’aggettivo, contemporaneo. Stratta la accetta, aprendo una scuola di formazione, la prima in Italia che rilascia una qualifica professionale. Le città, però, non si addicono ai tendoni circensi, eterni inquilini delle periferie. Grugliasco, quarantamila abitanti, prima cintura torinese, a modo suo periferia lo è. Lì, nel 2001, l’assessore alle politiche sociali e culturali Roberto Montà, oggi sindaco, crea il festival Sul filo del circo. E nel 2005 chiama il collettivo artistico di Paolo, offrendogli le strutture inutilizzate del parco urbano Le Serre. Nasce così la Fondazione Cirko Vertigo: corsi professionali che diplomano ogni anno quindici giovani da tutto il mondo; corsi ludici a Grugliasco e a Torino, per oltre ottocento bambini; masterclass, workshop, il centro estivo, le residenze artistiche; la compagnia blucinQue, che allestisce performances di contaminazione fra teatro danza e circo contemporaneo; il Living Circus, festival diffuso che tra maggio a dicembre gira l’Italia sconfinando in Europa; una chiesa sconsacrata di Vicoforte, provincia di Cuneo, divenuta arena; da settembre, a Torino, le attività nell’ex cinema Alexandra, ribattezzato Caffè Müller in omaggio a Pina Bausch. Sul Filo del Circo è l’appuntamento estivo, nel 2107 alla sedicesima edizione, tre settimane, ventidue rappresentazioni, undici prime nazionali, centocinquanta artisti dal Vecchio Continente e dalle Americhe. Cosa significa circo contemporaneo? La kappa di Cirko, spiega Stratta, è allusione al fattore kappa del montaggio cinematografico di Sergej Ėjzenštejn, volutamente scomposto, incompleto, privo di linearità, per stimolare lo spettatore a ricostruire personaggi e storia. «Il montaggio, nel circo contemporaneo, trasforma quelli che erano tradizionalmente i ‘numeri’ in una concatenazione drammaturgica fluida, compiuta. Niente clown tristi, animali feroci, e invece sì alla prodezza. Un grosso errore dei registi che provengono dal teatro e dalla danza è quello di sacrificarla, toglierla, perché non sanno come gestirla. Il valore del gesto fisico va sottolineato, evidenziato con forza». Venendo al festival di Grugliasco «La direzione artistica non passa attraverso un criterio di formattazione e l’accettazione di un’idea. Il nostro obbiettivo è evidenziare le diversità delle forme espressive che la scena internazionale produce. Il circo contemporaneo, secondo me, non è un cliché, una ricetta che replica sé stessa all’infinito. È la scoperta quotidiana di ciò che i giovani artisti creano». Come avviene questa scoperta? «Grazie ad alcuni, buoni, festival, ad esempio quello di Auch, vicino a Tolosa; oppure più connotati, il Festival Mondiale di Parigi e il Festival di Montecarlo a volte offrono lavori di qualità e clown ad altissimi livelli. Poi le rassegne di Edimburgo, Avignone…». Fonte importante cui attingere sono le proposte delle compagnie che con la Fondazione hanno instaurato un rapporto stabile. Il fattore rischio, sottolinea Stratta, è una caratteristica del Filo «Ospitiamo molti debutti e anteprime. La condivisione del rischio ci appartiene. Opere arrivate qui ancora acerbe sono diventate capolavori. Noi siamo il festival che ha dato loro un palcoscenico di esordio privilegiato» Ecco: adesso le luci si spengono, o meglio si attenuano. Sotto la tenda del Chapiteau Vertigo, per nulla perplessi, entrano gli artisti di X Stream, cinquanta minuti prodotti da blucinQue con la regia di Caterina Mochi Sismondi. Il circo è una corda d’acciaio tesa in un angolo della pista, un palo piantato al centro, due grandi cerchi appoggiati al fondale nero. Musiche dal vivo, chitarra, flauto, un cajon a scompigliare lo spartito. Nessun costume, quattro facce sudamericane e irlandesi, piedi e torsi nudi, calzoni neri e jeans. Il caldo estivo sparge quasi subito sudore sui corpi che si rincorrono, si affrontano, si aggrovigliano, si separano. C’è chi filma con un cellulare, e continua a farlo mentre passeggia sulla corda d’acciaio: chi sale in cima al palo e si lascia precipitare per fermarsi a venti centimetri da terra con la forza delle gambe; chi fa roteare le clave, indifferente se gli sfuggono di mano. La musica non scandisce, non segue il ritmo, piuttosto se ne dissocia, lenta, sottolineando così equilibrismi circensi e umani squilibri. Danze e acrobazie disegnano storie da afferrare un attimo prima che diventino altro. E altro diventano quando l’uomo taglia l’aria con la frusta, la fa schioccare, colpi secchi simili a uno sparo. Sotto quei colpi gli altri, si contorcono, strisciano, provano a fuggire, ritornano, cercano di unirsi per trovare riparo. I suoni si fanno elettronici, ossessivi potenti, aumentando il respiro drammatico della scena. L’uomo con la frusta è il domatore di tigri, il potere che mette ordine e sottomette le idee, la forza contro ogni ragione? Le luci scintillano la sera successiva, sul palco del Teatro Le Serre. Il Col – lectiu La Persiana, catalano, ha portato al festival Violeta, un’ora di giravolte di ogni genere, accompagnate dal jazz e dalle sonorità latine del complesso Venancio y los Jovenes de Antano. Se sotterranea era l’ironia di X Stream, Violeta la fa esplodere. Il circo c’è, reso però creatura bizzarra, imprevedibile, anarchica, irriverente. Senza soluzione di continuità, i sette circensi e i cinque suonatori compongono e scompongono i quadri di una sequenza magistrale in ogni suo passo. Il trapezio, la corda, il cerchio, il palo, il brivido delle capriole nel vuoto non sono ‘numeri’, non chiedono silenzio. Al contrario, sembrano vivere delle gag, delle canzoni, dei passi maliziosi di danza che li circondano e li confondono. Ma il circo non era una cosa da bambini? A giudicare dagli applausi, dalle facce tenere e incantate, non vogliono più maghi e pagliacci, foche con la palla sul naso e leoni ruggenti. Forse non li hanno mai voluti davvero. Neppure ai tempi di Darix Togni e di Moira Orfei, che sorridevano dai manifesti del ‘Più bello spettacolo del mondo’.

CARTELLONE

Sul filo del circo, fino al 29 luglio. Spettacoli alle 21 e 30 sotto i tendoni del Chapiteau Vertigo e del Teatro Le Serre, sulfilodelcirco.com, info@sulfilodelcirco.com. Biglietti anche on line, Vivaticket. 15, Tiger Circus (Svezia), Attached; 17 e 18, Ambaradan (Italia), Akkademia da Zirko Bobosky; 19, Cirko Vertigo (Cast internazionale), Odissea; 20, Lapso Cirk Kolektiv (Spagna/ Repubblica Ceca), Ovvio; 21 e 22, The Rat Pack Compagnie (Francia), Speakeasy; 24 e 25, Cie. Two (Francia), Finding No Man’s Land; 26, replica Cirko Vertigo; 27, Compagnie Carré Curieux (Belgio), Petit Frère; 28 e 29 Cirk La Putika (Repubblica Ceca), Slapstick Sonata. Alcuni spettacoli debuttano in prima nazionale

Hollywood a Grugliasco

All’interno del Parco Le Serre spiccano la settecentesca villa Boriglione Moriondo e il cosiddetto Chalet Allemand. I due edifici furono acquistati nel 1913, insieme al parco, dal distributore e produttore americano George Kleine, per fare di Grugliasco la Hollywood europea. L’anno dopo, Kleine fondò la Photodrama Producing Company of Italy, avviando il progetto di uno studio cinematografico integrato. Sono state ritrovate le planimetrie di uffici, laboratori sviluppo e stampa, teatri di posa, laboratori per effetti speciali, camerini. Il grande edificio detto La Nave, sul lato sud del parco, era destinato alla realizzazione delle scene e dei costumi. Dello Chalet Allemand, in stile biedermeier, non si conoscono le origini. Il sogno di Kleine naufragò con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale