Era il 1794 quando Francesco Mannu, un giovane avvocato di sentimenti giacobini, compose «Procurade ‘e moderare, barones, sa tirannia» (Baroni, moderate la tirannia). E’ la «Marsigliese sarda», un canto rivoluzionario contro una nobiltà, quella sabauda, padrona di un’isola scossa, in quel momento, da un agguerrito movimento antipiemontese e filofrancese. Le Sardine hanno scelto le strofe e la musica di Mannu per aprire l’appuntamento che domani le vedrà protagoniste dalle 19 in piazza Garibaldi. «Ci sembra – dice il coordinatore della mobilitazione, Francesco Piseddu – che “Procurade ‘e moderare” esprima bene la volontà, che è anche la nostra, di rompere con un ordine politico e istituzionale divenuto incapace di rispondere a una domanda di mutamento larga e profonda. Ci sono momenti in cui un cambio di passo è necessario. Era così ai tempi di Mannu, è così oggi».

Che poi il programma di domani preveda che a seguire «Procurade ‘e moderare» sia «Bella ciao», significa che nell’indicare la necessità del «cambio di passo» le sardine non si muovono nel vuoto. L’antifascismo rimane un ancoraggio solido. Dietro lo slogan «Usciamo dalla rete, Cagliari si S-Lega» c’è un quadro di riferimento che non nasce dal nulla. Valori precisi, una bandiera che altri hanno lasciato cadere e che questo movimento, a modo suo, prova a sollevare dalla polvere. «Non è la paura di un pericolo imminente – si legge su Facebook nell’account 6000 Sardine Cagliari – che ci porta in piazza a stare stretti come pesci in branco. È la necessità di ritrovarci per riconoscerci nei valori della pace, dell’ambiente, dell’accoglienza, della solidarietà, dei diritti, della libertà e della giustizia sociale».

Temi per un programma che esca dal cerchio chiuso di un pensiero unico spacciato dai guru della comunicazione (la più grande delle fake news) come un’entità naturale contro la quale nulla è possibile. E un’attenzione verso i modi, le forme, gli stili dell’azione politica che forse è la novità più importante del movimento. «È possibile cambiare l’inerzia di una retorica populista. Come? Utilizzando arte, bellezza, non violenza, creatività e ascolto». Così si legge nel manifesto delle Sardine cagliaritane. Contro il cattivo gusto l’arte? Contro Salvini e Meloni la bellezza? Roba da anime pie? Fumisterie da spiriti candidi che niente hanno compreso delle dure leggi della politica? Francesco Piseddu, 24 anni, studente in Medicina, risponde così: «Arte e bellezza sono pensiero critico. La politica che punta solo sulla pancia, la politica che usa la paura per costruire consenso va combattuta a partire dai suoi codici espressivi. La retorica populista ha precise regole di funzionamento. Che noi vogliamo scardinare. Vogliamo affermare, nella comunicazione e nell’azione politica, un ordine linguistico alternativo: la testa viene prima della pancia, o meglio, le emozioni vanno allineate al pensiero critico. Alla brutalità dell’azione immediata che pretende di risolvere in maniera semplice problemi non semplici, contrapponiamo la complessità della mediazione culturale: contro la politica urlata che alimenta odio, divisione, sfiducia e astensione».

In una realtà storica in cui contraddizioni laceranti producono isolamento individuale e rassegnazione, le Sardine cagliaritane reagiscono con una scossa vitale: «In un mondo in cui – si legge nel loro manifesto – gli interessi della conservazione delle rendite di posizione hanno narcotizzato la nostra vitalità, la nostra voglia di indignarci e impegnarci, vogliamo ricostruire fiducia e rivendicare il senso stesso del fare politica come servizio a partire dalla partecipazione di ognuno di noi come persone, senza bandiere, a prescindere dall’appartenenza a partiti». La storia delle bandiere. I simboli della politica da tenere lontani. Giusto? Sbagliato? Francesco Piseddu risponde: «In questa fase a noi interessa fare passare un discorso nostro, nella maniera più chiara possibile e più autonoma possibile. Questo non significa che ci chiudiamo in un impenetrabile recinto. Forse verrà uno step successivo di dialogo con le bandiere, con la politica. Ma al momento nessuno può prevedere se e, tanto meno, come. E per ora è giusto così».