Settanta volte Artaud, a settant’anni dalla scomparsa di Antonin Artaud (1896 – 1948), poeta, scrittore, disegnatore, attore cinematografico e teatrale, visionario e invasato, «perché la logica anatomica dell’uomo moderno è proprio di non aver mai potuto vivere, né pensare di vivere, che da invasato», come il suo struggente Van Gogh il suicidato della società.
Così ecco due giornate romane, a partire dalla parabola artistica, poetica, lirica di Artaud, forse il più irregolare tra i grandi irregolari della prima parte del Novecento. Per esplorare l’(in)attualità estetica, politica, lirica di un pensiero vivo, tra teatro, cinema, letteratura, poesia, radiofonia, pittura, lavoro culturale e artistico.

L’occasione è data dalla recente pubblicazione di un bel libro collettivo, L’insorto del corpo. Il tono, l’azione, la poesia. Saggi su Antonin Artaud, curato da Alfonso Amendola, Francesco Demitry, Viviana Vacca, prefazione di Ubaldo Fadini (ombre corte, pp.230, euro 19), che verrà presentato con autori e curatori in un primo appuntamento, oggi, ore 17.30 presso la Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma.
Domani, ore 11.30, presso l’Aula Matassi dell’Università di Roma3, sarà nuovamente discusso insieme col volume di Jacques Prevel, In compagnia di Antonin Artaud, a cura di Antonio Malinverno (Giometti & Antonello, euro 18), dove si narra degli anni 1946-47 passati dal poeta e procacciatore di oppio e laudano Jacques Prevel in compagnia del nostro Artaud, accorato nel decadimento: «non può capire come soffro, signor Prevel, mi dice. Posso esprimermi solo con il sarcasmo. In alternativa non trovo che il caos».

Per gli accorti, e anche loro visionari, curatori de L’insorto del corpo non si tratta di rivendicare eredità profetiche o religiose testimonianze sul dispositivo Artaud, solo la possibilità di intravedere la potenza collettiva «verso l’utopia radicale di un futuro diverso» di un’arte fuori sincrono, Out of Joint, come è titolato l’attuale allestimento della Galleria Nazionale. Da ripassare dunque la (suo malgrado) profetica Lettera ai Rettori delle Università europee: «La razza dei profeti si è estinta. L’Europa si cristallizza, si mummifica lentamente sotto le bende delle sue frontiere, delle sue fabbriche, dei suoi tribunali, delle sue Università. Lo Spirito isterilito cede e si soffoca».