Il governo ha ufficializzato ieri la sua volontà di concedere ai comuni la possibilità di aumentare le tariffe della Tasi, l’imposta sui servizi indivisibili che eredita in buona parte le funzioni dell’Imu (cancellata, come sappiamo, per la prima casa: ma di fatto solo propagandisticamente). Il buco creato infatti dalla cancellazione dell’Imu, non coperto completamente con la legge di Stabilità (che fissa la Tasi al 2,5 per mille), potrà essere coperto almeno in parte grazie alla facoltà per le amministrazioni locali di innalzare appunto la Tasi.

In serata la vicenda si è complicata, perché Scelta civica ha annunciato che non voterà l’emendamento, chiedendo di “porre fine al balletto sulla casa” annunciando la decisione di “votare solo provvedimenti che comportino una revisione complessiva delle imposte sulla casa”.

L’esecutivo comunque per il momento ha deciso di inserire la norma nel decreto Enti Locali, dl che raccoglie già pezzi del vecchio salva-Roma (stoppato a fine anno dal Quirinale) e che ieri sembrava dovesse arenarsi anch’esso: Lega, M5S e Fi infatti, mettendo a frutto assenze nel Pd e in Sc, erano riusciti in mattinata a bocciare il parere di costituzionalità in Commissione Affari costituzionali: ma poi, in Aula, la maggioranza ha ripreso piede ed è riuscita al contrario a far approvare la costituzionalità.

«In materia di Tasi-Imu – si legge dunque nella nota di Palazzo Chigi – il governo ha deciso di presentare un emendamento al decreto Enti Locali così definito: ai Comuni sarà concessa per il 2014, esclusivamente allo scopo di deliberare a favore delle famiglie e dei ceti più deboli ulteriori detrazioni rispetto a quelle già previste dalla legge di Stabilità, la possibilità di decidere un incremento delle aliquote al di sopra dei massimi attualmente consentiti (e cioè 2,5 per mille per la Tasi, 10,6 per mille sugli altri immobili residenziali, ndr). Tale incremento, che non comporterà alcun aumento della pressione fiscale, sarà compreso tra lo 0,1 e lo 0,8 per mille complessivo e i Comuni saranno liberi di decidere come ripartirlo tra le diverse basi imponibili».

Insomma, la Tasi potrà essere così innalzata da un minimo del 2,6 per mille fino a un massimo del 3,3 per mille, ma – come specifica il governo – solo nel caso in cui si preveda di destinare l’ulteriore gettito ad apposite detrazioni per i contribuenti che appartengono ai ceti più deboli. Alle detrazioni già la lagge di stabilità aveva destinato 500 milioni di euro, che così verranno incrementati dalle risorse provenienti dalla Tasi «rinforzata».

Certo si dovrà capire se, nonostante questo «rincaro» gentilmente concesso dal governo, i Comuni riusciranno comunque a colmare i buchi di bilancio previsti: Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente dell’Anci, aveva infatti ricordato che l’aliquota base dell’Imu era al 4 per mille, e che quindi l’attuale 2.5 per mille della Tasi avrebbe dimezzato gli incassi per i comuni. È vero anche che la novità annunciata ieri rende possibile innalzare la tassa, ma d’altronde va ricordato che le risorse vanno indirizzate alle detrazioni.

Interrogato proprio su questo incremento, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, ha spiegato che secondo lui «gli italiani non pagheranno più tasse».

Dal fronte del Pd, il renziano Angelo Rughetti, ex segretario generale dell’Anci, aveva chiesto in mattinata al governo di «fare una pausa di riflessione, rinviando a giugno tutti i pagamenti legati a Tasi, Tari ed Imu». Poi, quando è arrivato l’annuncio di emendamento da parte dell’esecutivo, ha espresso apprezzamento, aggiungendo però che «restano aperti i nodi di molti comuni, che aspettano risposte perché siano evitati veri e propri fallimenti amministrativi». Annuncia battaglia Forza Italia, con Daniele Capezzone: «Torna sotto diverso nome l’Imu sulla prima casa, prima con la Tasi e ora con i nuovi aumenti decisi per decreto».