Un avvertimento alla Russia perché metta fine alle «azioni militari in Ucraina» e un mandato alla Commissione, che ha già «preparato opzioni», per una nuova serie di sanzioni contro Mosca. I 28 alzano la voce, preoccupati per una situazione sul terreno nell’est dell’Ucraina «vicina al punto di non ritorno» e minacciano Putin di una reazione più decisa, senza però rispondere alla richiesta di Kiev per un aiuto militare.

Il presidente ucraino Petro Poroshenko è stato ieri ricevuto a Bruxelles, prima dai dirigenti uscenti di Consiglio e Commissione, Van Rompuy e Barroso, poi ha visto Matteo Renzi, che ha la presidenza semestrale e i 28 riuniti in un vertice sulle nomine. Poroshenko, che ha denunciato, come già la Nato, la presenza di «migliaia di soldati e carri armati stranieri» nell’est del paese, non ha dubbi: l’Unione europea deciderà nuove sanzioni contro la Russia.

Solo nei prossimi giorni – c’è un vertice dei ministri degli esteri Ue a Milano la prossima settimana e il vertice Nato il 4 e 5 settembre in Gran Bretagna, che continuerà ad intrattenere la deleteria confusione tra Alleanza atlantica e Ue – si potrà valutare se Bruxelles ha deciso di attuare il passaggio alla «fase 3» delle sanzioni: per ora, siamo a una «fase 2 e mezzo», che ha suscitato la reazione di Mosca, con l’embargo su alcuni prodotti importati.

Anche François Hollande, alla conclusione dell’incontro all’Eliseo con i dirigenti di sinistra dei paesi Ue, ha affermato che le sanzioni saranno «senza dubbio aumentate». È quello che aveva deciso Angela Merkel, in accordo con Obama: «In questi ultimi giorni le cose si sono aggravate e deteriorate». La Nato preme, Kiev chiede aiuti militari, ma per il momento la reazione all’azione russa si limita a parlare di «aumento delle sanzioni».

Finora, Francia, Germania e Italia avevano frenato su un aggravamento delle sanzioni, per ragioni economiche, ma anche per evitare di fomentare l’escalation sul terreno. Invece, i paesi dell’Europa centrale, Baltici e Polonia in testa, con la Gran Bretagna erano fin dall’inizio favorevoli a un intervento più deciso (per la presidente della Lituania, «la Russia è in guerra con la Ue»). «Non abbiamo nessun interesse ad avere una guerra sul continente – ha affermato Barroso – penso che non sia troppo tardi per trovare una soluzione politica, non ha nessun senso un conflitto del genere, una nuova guerra fredda». Ma il presidente della Commissione ha messo in guardia Mosca: «Siamo pronti a prendere misure forti e chiare ma al tempo stesso teniamo la porta aperta».

Il passaggio alla «fase 3» delle sanzioni sarebbe molto costoso anche per gli europei, dove già in vari paesi – a cominciare da Francia, Italia e nella stessa Germania, si levano voci per protestare contro l’embargo russo alle merci europee. In particolare, la Francia ha il grosso problema del contratto per la vendita alla Russia di navi da guerra Mistral, un’eredità della presidenza Sarkozy. Ad ottobre dovrebbe venire consegnata la prima porta-elicotteri, già pagata (1,2 miliardi di euro). La Russia aveva ordinato anche una seconda nave. Hollande finora ha cercato di far passare la consegna a Mosca della prima portaelicotteri come il rispetto di un contratto commerciale del passato, rimanendo molto vago sulla seconda nave. Adesso, nell’ambito di sanzioni rafforzate contro Mosca, la consegna della Vladivostok potrebbe venire «sospesa»: per Parigi, un modo per uscire dall’impasse, evitando di rompere un contratto internazionale e di sollevare quindi dubbi sulla propria credibilità rispetto ad altri potenziali clienti di armi made in France, aspettando che la situazione si calmi (la costruzione delle navi destinate alla Russia ha permesso il mantenimento di un migliaio di posti di lavoro nei cantieri di Saint-Nazaire, l’annullamento del contratto sarebbe una bruttissima notizia in un periodo di disoccupazione in aumento).

«L’Europa non dovrebbe pensare troppo prima di capire che è inaccettabile avere truppe russe all’interno dell’Ucraina», ha affermato David Cameron, anche se la City potrebbe partire per il passaggio alla «fase 3» delle sanzioni (ma l’opacità dei movimenti della finanza dovrebbe limitare i danni per Londra, visto che il denaro non ha odore e neanche i suoi proprietari hanno un nome preciso).