Nicoletta Dosio ha sessantotto anni. Ex docente di italiano e latino presso il liceo scientifico Norberto Rosa di Bussoleno, è una delle fondatrici del movimento Notav. Da sempre un volto noto della lotta, per il coraggio che dimostra ad essere sempre in prima fila, nonostante il passare degli anni. Ieri è stata arrestata, insieme ad altri tre ultrasessantenni: con loro altre diciannove persone hanno subito misure restrittive (tra arresti e obblighi di firma dalla polizia). Un’operazione massiccia, che dimostra la ferrea volontà della Procura di Torino di mantenere ben salda la barra sulla linea della tolleranza zero.

Il tunnel geognostico – un buco in una montagna che dovrebbe fungere come servizio a un successivo buco nella montagna, il famoso tunnel di base – avanza con estrema calma, il cantiere ricorda più un proscenio teatrale, il progetto definitivo latita, costi definitivi ignoti. Nonostante questo situazione singolare permane una pressione giudiziaria fuori scala.

Questa volta l’affondo giudiziario tocca una dimensione simbolica potente del movimento: gli anziani. Il mosaico umano che compone i quaranta chilometri della Val Susa che si oppongono alla costruzione della ferrovia per il super treno, riconosce la sacralità dei suoi «vecchi». Perché sono coloro che da sempre più si espongono, perché non hanno indietreggiato di un passo durante la ventennale lotta, perché hanno sempre curato gli aspetti logistici e umani con dedizione certosina.

Ieri, Nicoletta Dosio, ha rifiutato l’obbligo di firma. Una misura cautelare enigmatica, probabilmente frutto di una valutazione ferrea del codice penale, perché di questa anziana signora tutto si può pensare tranne che scappi. La sua vita, come quella degli altri arrestati, è in val Susa e ruota intorno al cantiere di Chiomonte che mai abbandonerebbe.

Dopo una perquisizione presso l’osteria che gestisce con il marito Silvano, ha dichiarato con parole ferme e tono calmo: «Che sia chiaro, io non accetto di andare a chiedere tutti giorni a chiedere scusa ai Carabinieri, non accetterò che la mia casa divenga la mia prigione. Quindi decidano loro, tanto la nostra lotta è forte, lottiamo per diritto di tutti a vivere bene. Lottiamo non solo per la nostra valle, ma per un mondo vivibile è più giusto. Noi non abbiamo paura, non ci inginocchiamo: quindi io a firmare non ci vado, e non rimango nemmeno chiusa in casa. Siamo nati liberi e uguali, e liberi e uguali rimaniamo».

Un gesto di resistenza pacifica, che potrebbe quindi aprirle le porte del carcere.
Con lei un’altra figura storica del movimento subisce provvedimenti restrittivi, la settantunenne Marisa Meyer, e altri due ultra sessantenni.

La «retata», che giunge dopo l’elezione a sindaca di Chiara Appendino a Torino, dichiaratamente Notav e assidua partecipante dei cortei che si sono succeduti negli anni, fa riferimento alla manifestazione di un anno fa, quando un imponente corteo circondò il cantiere di Chiomonte. Alcuni manifestanti raggiunsero i cancelli della centrale elettrica, punto di controllo e accesso presidiato costantemente dai militari, e qui furono respinti da un fitto lancio di lacrimogeni.

Qui secondo la magistratura avrebbe lanciato sassi, attaccato funi ed esploso ordigni. I capi di imputazione sono: resistenza aggravata, lesioni personali ed esplosioni di ordigni con la finalità di turbare l’ordine pubblico». Cosa si intenda per «ordigno» non è chiaro, probabilmente petardi rumorosi e fumogeni colorati, atti a fare confusione. Il cantiere non subì alcun danno serio.

Il movimento, riunitosi in una affollata assemblea a Bussoleno, collega l’operazione giudiziaria alla caduta degli ultras torinesi del Tav, in primis del sindaco Piero Fassino: «Un post elezioni che si carica di ulteriori significati politici nella città di Torino e in Valsusa. Con un’operazione già pronta sicuramente da giorni, il pm Rinaudo e i suoi amici della questura hanno deciso di attendere l’esito del ballottaggio e la caduta del partito amico, il Pd, prima di scaricare la loro ennesima azione intimidatoria». La notorietà delle persone arrestate, e l’annuale distanza cronologica dagli eventi oggetto dell’inchiesta, appaiono singolari.