Il video choc, che nessuno dimenticherà facilmente, sull’arresto dell’ex terrorista rosso Cesare Battisti pubblicato dal ministro di Giustizia Alfonso Bonafede sul proprio profilo Facebook ha scosso un’Italia che sembrava rimasta attonita e afona di fronte all’enfasi populista-giustizialista del governo giallo-bruno.

Ieri, mentre il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, Mauro Palma, sollecitava il Guardasigilli a rimuovere subito la clip propagandistica che viola più di una norma di legge a tutela della dignità dei detenuti, la Camera penale di Roma ha messo a punto un esposto da presentare in procura per denunciare le illegalità commesse con la pubblicazione dello spot dal ministro pentastellato. E al Senato la vicepresidente dem Anna Rossomando ha depositato un’interrogazione al governo, sottoscritta da 29 senatori, per chiedere se Bonafede fosse consapevole del fatto che il video ha messo a repentaglio la privacy – e dunque l’incolumità – dei poliziotti penitenziari e degli agenti di polizia entrati incautamente in quello che la vice presidente della Camera Mara Carfagna ha definito un «b-movie».

Rossomanno chiede al ministro anche cosa intenda fare a questo punto per tutelare questi poliziotti «dopo la rivelazione e diffusione ad un larghissimo pubblico della loro identità». Nel video in effetti vengono immortalati i volti di molti agenti. Alcuni poliziotti, a dire il vero, sembrano perfino mettersi in posa, alternandosi ai lati del “catturato” Cesare Battisti che li guarda incredulo. Un altro agente in borghese, invece, tenta di coprirsi il viso per non essere ripreso dalla telecamera.

«Ho atteso che calasse il clamore attorno all’operazione che ha riportato Battisti alla doverosa realtà dell’esecuzione di quella pena che la giustizia gli ha inflitto per quanto commesso», ha premesso il Garante Mauro Palma ricordando però che sono previste sanzioni disciplinari per chi non rispetta l’articolo 42-bis comma 4 dell’ordinamento penitenziario che impone che nelle traduzioni siano «adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità». «Certamente – fa notare Palma – il legislatore non poteva supporre che fossero i vertici delle Istituzioni a non rispettarla». Il sindacato degli avvocati penalisti romani invece cita nell’esposto preparato anche l’articolo 114 del codice di procedura penale che vieta di pubblicare immagini di persone arrestate in manette.
Il video non è piaciuto né al vicepresidente del Csm, David Ermini («io non l’avrei fatto», dice «a titolo personale»), e neppure perfino al leghista Roberto Maroni («io avrei evitato»).

Ma è la gestione mediatica di tutta l’operazione di rimpatrio di Battisti ad essere bersaglio di numerose critiche, non solo sui social, da parte di cittadini comuni. «Una giornata da dimenticare il più presto possibile», ha commentato l’ex ministro della giustizia ed ex giudice della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick. Anche Claudio Martelli, altro ex Guardasigilli, rabbrividisce: «Una cosa sgradevolissima, davvero inimmaginabile… nel video manca soltanto la danza dei pellerossa attorno al totem». Un’operazione che dimostra, secondo i consiglieri togati di Area del Csm, «un’idea primitiva di “giustizia”»: «Chiunque sia il detenuto e qualunque sia la sua colpa, questi ha diritto che lo Stato ne rispetti quella dignità che l’art.3 della Costituzione garantisce ad ogni persona». Anche il Vaticano interviene nella polemica, con il cardinale Angelo Becciu che ricorda la «cultura giuridica di primo grado» dell’Italia e invita a non «incutere o risvegliare nella gente certi istinti forcaioli».

Ma è dai sindacati di polizia che arriva la critica più amara: «Una Repubblica forte applica le leggi e rispetta le regole e le procedure anche davanti al più orribile criminale – afferma il segretario del Silp-Cgil Daniele Tissone – E non ha bisogno di spettacolarizzazione». Tanto più se la messa in scena mediatica, aggiunge l’Fp-Cgil, «intendeva distogliere l’attenzione da problemi ben più grandi» che vive ogni giorno la polizia penitenziaria e cela «un vuoto pneumatico».