Dal Jujuy, una provincia argentina situata nell’estremo nord-ovest del Paese (ai confini con il Cile e la Bolivia), movimenti e organizzazioni indigene denunciano una nuova ondata repressiva: perquisizioni notturne, arresti di massa e pressioni sui testimoni e sui detenuti, fino alla tortura. Abusi compiuti nell’ambito dell’indagine contro la deputata indigena Milagro Sala, arrestata il 16 gennaio durante massicce proteste delle cooperative sociali contro il governatore Gerardo Morales, del partito Cambiemos (la destra governativa).

In un primo tempo, Sala – eletta al Parlamento del Mercosur (il Parlasur) – era stata accusata di «istigazione a commettere delitti e tumulti in concorso reale» e arrestata nonostante l’immunità parlamentare. Nei giorni precedenti, mentre stava per essere scarcerata per quella prima imputazione, le è stato notificato un altro mandato, relativo a presunte irregolarità amministrative e a sottrazione di fondi pubblici dai progetti di costruzione di case popolari gestite dalle cooperative, rimasti in parte incompiuti.

Delitti che Sala, appartenente al partito Tupac Amaru, ha sempre negato anche perché il suo ruolo politico era lontano dalla gestione amministrativa del denaro. In sua difesa, sono scesi in campo movimenti e organizzazioni popolari, e anche papa Bergoglio le ha inviato un rosario in carcere. Durante le imponenti manifestazioni che hanno accompagnato il rientro in campo della ex presidente Cristina Kirchner e quelle del Primo maggio, Cristina ha risposto pubblicamente alla lettera inviata da Milagro.

Ma il vero obiettivo è proprio la ex presidente. Durante le ultime perquisizioni effettuate dalla magistratura (una ventina), non sono stati trovati i 29 milioni di pesos che sarebbero stati deviati dalla costruzione delle case, ma diverse valige vuote, che – per l’olfatto dei cani poliziotto – «sapevano di denaro». Secondo gli inquirenti, che si basano sulle dichiarazioni di un’altra ex deputata e di alcuni esponenti delle cooperative, vi sarebbero indizi che portano a una «via del denaro» che, da Sala, condurrebbero al figlio dei Kirchner, Maximo e alla presidente.

Dopo aver imposto cambiamenti sostanziali nella sfera giuridica, il governo Macri vuole chiudere il cerchio intorno a Cristina, che gode di grande carisma e sta riunendo in torno a sé l’arco di opposizione. Il giudice Claudio Bonadio che avrebbe voluto portare a Processo la presidente e che ne minacciava addirittura l’arresto, non ha invece trovato validi appigli. Ora, ci riprova un altro magistrato federale, Carlos Rivolo, che ha messo sotto inchiesta Cristina e il figlio Maximo per presunto arricchimento illecito e falsificazioni di documenti. In compenso, durante lo scandalo dei Panama Papers è emerso pesantemente il nome del presidente-imprenditore Macri come intestatario di società offshore, mentre non figura alcun membro della famiglia Kirchner.

Ieri, i difensori della parlamentare indigena hanno presentato alcune denunce contro il presidente Macri e il governatore del Jujuy per «coazione» e «coazione aggravata», firmate dal coordinatore nazionale della Tupac Amaru, Alejandro Garfagnini e dai rappresentanti del Comitato per la liberazione di Milagro Sala. Denunciata per «ingiurie» anche la parlamentare Mabel Balconte che avrebbe chiamato in causa Sala e i Kirchner dopo aver subito forti pressioni, e le cui affermazioni hanno consentito alla stampa di presentare la Tupac Amaru come un gruppo «paramilitare».

Numerosi manifestanti hanno accompagnato i legali in tribunale, mentre, dentro e fuori il continente latinoamericano continuano gli appelli e le mobilitazioni a favore della deputata indigena e contro le manovre della destra per criminalizzare l’opposizione. La magistratura del Jujuy ha persino denunciato uno degli avvocati di Milagro, Luis Paz, e l’episodio è stato portato all’Onu da 50 avvocati noti per il loro impegno a favore dei diritti umani e nei processi alla passata dittatura militare.

In un’intervista con il giornalista argentino Diego Kenis, l’altra avvocata di Milagro, Elizabeth Gomez Alcorta, ha descritto le pesanti irregolarità compiute nei confronti di detenuti e testimoni e ha evidenziato la natura politica e incostituzionale dell’operazione: diretta da un giudice che appartiene a sua volta al partito di Macri e Morales.