Una barbaridade: così l’ex presidente Michel Temer ha commentato il suo arresto per corruzione nell’ambito dell’inchiesta Lava Jato di Rio de Janeiro. Ma in tutto il Brasile è probabilmente l’unico a pensarla così. Il traditore di Dilma Rousseff, il presidente più impopolare – finora – nella storia del paese, il golpista aggrappatosi al potere con le unghie proprio per paura che fuori dal Planalto lo attendesse la galera, non aveva più santi a cui votarsi.

Graziato per due volte dalla Camera dei deputati, che aveva respinto la richiesta di rinvio a giudizio prima per corruzione passiva e poi per associazione a delinquere e ostruzione alla giustizia, Temer era riuscito a concludere – ingloriosamente – il mandato rubato alla presidente legittima un po’ per la difficoltà dell’élite brasiliana a individuare un successore credibile e un po’ perché considerato la figura più adatta a compiere il lavoro sporco. Chi più di lui – tagliato fuori da qualsiasi futura candidatura a causa del bassissimo indice di consensi – era libero di adottare le misure più impopolari?

Ma se Temer si aspettava, come ricompensa, che il nuovo governo gli offrisse una ciambella di salvataggio garantendogli per esempio un incarico da ambasciatore, ha fatto male i conti. Dopo aver tanto sventolato in campagna elettorale la bandiera dell’onestà ed essere finito a sua volta coinvolto in scandali di corruzione, Bolsonaro non aveva sicuramente alcun interesse a spendersi per l’indifendibile ex presidente.

Ed è così che per Temer è scattato l’arresto, ordinato dal giudice federale di Rio de Janeiro, Marcelo Bretas, nell’ambito di un’inchiesta sulle presunte tangenti legate alla costruzione della centrale nucleare Angra 3, in cui è stato coinvolto anche l’ex ministro dell’energia Wellington Moreira Franco, compagno dell’ex presidente nel Partito del Movimento democratico brasiliano.
E se in molti si interrogano perché ciò sia avvenuto proprio adesso, la risposta più ovvia va senz’altro cercata nell’impellente bisogno di un nuovo e incontestabile trofeo da parte dell’operazione Lava Jato, in piena crisi di credibilità di fronte a uno sconcertante susseguirsi di scivoloni.

Un facile trofeo, quello rappresentato dall’ex presidente, già scaricato da tutto il mondo politico e inviso alla popolazione, che per due anni si è sgolata a furia di gridare «Fora Temer». «Arrestarlo oggi è facile», ha commentato la deputata federale del Pt Erika Kokay. Non certo come indagare su Fabrício Queiroz (l’ex consigliere di Flávio Bolsonaro sul cui conto sono state scoperte transazioni sospette per un totale di 7 milioni di reais) e su tutta la famiglia presidenziale.