Il professor Norberto Confalonieri, primario ortopedico dell’ospedale Gaetano Pini di Milano, ha un curriculum lungo così. E’ considerato un luminare della chirurgia del ginocchio e dell’anca. Lo invitano in televisione. Le sue abitudini di lavoro sono esibite su internet, in ospedale prende servizio alle 7, vanta una “produzione” di oltre 2000 prestazioni all’anno, esegue in prima persona una media di 500 interventi chirurgici annui. Un paziente con le ossa malconce nelle sue mani dovrebbe sentirsi sicuro. Confalonieri però adesso dovrà affidarsi a un avvocato altrettanto capace per difendersi da accuse pesantissime.

Il primario da ieri è agli arresti domiciliari per corruzione e turbativa d’asta su disposizione del gip Teresa De Pascale, l’inchiesta è condotta dai pm Eugenio Fusco e Letizia Mannella. Secondo l’accusa avrebbe favorito due multinazionali (Johnson&Johnson e B.Braun) per la fornitura di protesi all’ospedale in cambio di consulenze, viaggi per la famiglia, cene, cravatte e varie comparsate in tv per reclamizzare le protesi in questione. Gli inquirenti citano il “servizio di approfondimento sulla chirurgia mini invasiva e computer assistita” andato in onda su Rai 2 il 16 novembre 2015 nella rubrica Medicina 33.

Fatti gravi, che però sono nulla rispetto al secondo filone d’inchiesta che lo accusa anche di maltrattamenti e lesioni ai danni dei pazienti. Questo delicato capitolo necessita di analisi più approfondite e infatti non è per questo motivo che Confalonieri ieri è finito ai domiciliari. Gli inquirenti stanno facendo accertamenti sui danni subiti da alcuni pazienti operati alle ginocchia in una struttura privata e in seguito rioperati al Gaetano Pini a causa di sopravvenute complicazioni. E intendono anche procedere al sequestro di 62 cartelle cliniche “per verificare se sono state impiantate protesi senza alcuna necessità clinica e la gravità delle lesioni cagionate”. Non sarà facile per il medico spiegare alcune intercettazioni “choc” rese pubbliche dal gip.

Il 29 ottobre 2015, per esempio: “Ho rivisto una…revisione di protesi d’anca…puttana eva si era staccata…è un vecchietto di 91 anni”. Altre telefonate sono da brivido: “Eh l’ho rotto, gli ho fatto la via d’accesso bikini, per allenarmi, oggi ho fatto una vecchietta per allenarmi…”. Rotto sarebbe il femore. Il 10 aprile del 2016 un paziente con una protesi al ginocchio lo chiama disperato: “Per evitare di aspettare 9 mesi perché altrimenti l’infezione sarebbe andata avanti ho dovuto pagare di tasca mia, sono senza lavoro, senza casa, con 35 mila euro di debiti, io mi suicido” (sembra che il quadro clinico dell’uomo non fosse compatibile con la delicata operazione). Sembra che per riparare gli “errori” commessi durante interventi fatti in regime privato il dottore utilizzasse l’ospedale Pini: “Ho bisogno di un posto letto per domani perché ho rotto un femore a una paziente della San Camillo”. E sulla stessa paziente: “Se va in mano ad un altro collega sono finito”.

Alcuni colleghi avrebbero confermato un certo “approccio interventista”. Il primario anestesista del Pini, Rocco Rizzo, ha messo a verbale il caso di una ragazza disabile morta per insufficienza respiratoria in seguito a un’operazione che altri medici avevano sconsigliato (l’ospedale ha risarcito i genitori).

L’Azienda socio sanitaria territoriale Pini è a disposizione degli inquirenti: “L’Asst, che è del tutto estranea agli addebiti mossi al dottor Confalonieri, è viceversa interessata all’accertamento di quanto accaduto, e valuterà la situazione in relazione a quanto emergerà dall’indagine”.