Forse è un po’ esagerato definire Raffaele Marra come il Rasputin della zarina pentastellata Virginia Raggi. Di sicuro, però, il dirigente comunale ed ex finanziere non era neanche soltanto «uno dei 23 mila dipendenti del Comune di Roma», come ha sostenuto la sindaca ieri mattina, a poche ore dall’arresto del dirigente. Le carte sono ancora agli studi degli avvocati, Marra si trova ancora al comando dei Carabinieri di via In Selci, quando gli stretti collaboratori di Raggi si rendono conto che l’inchiesta condotta dal pm Paolo Ielo ha colpito una pietra angolare della squadra che la sindaca ha messo in piedi all’indomani della vittoria elettorale per controllare l’infernale macchina burocratica capitolina.

Marra in questi mesi è stato tirato in ballo soprattutto per i suoi legami politicamente inopportuni con l’amministrazione di Alemanno. Il suo arresto investe come uno tsunami il Campidoglio, turbando una giunta che già, racconta un assessore, «vive nella paura che arrivi un avviso di garanzia alla sindaca» per la questione delle nomine. Il dirigente che Raggi ha difeso a costo di sfasciare il mini-direttorio del M5S romano e mettere in crisi quello nazionale, viene arrestato per via di quello che l’ordinanza di custodia cautelare definisce «rapporto viziato» col costruttore Sergio Scarpellini. «Il rapporto ‘viziato’ – scrive il Gip Maria

Paola Tommaselli – sussistente tra gli indagati si mostra tale sin dal 2009». All’epoca il sindaco è Gianni Alemanno. Marra dirige il Dipartimento patrimonio e casa del Comune di Roma. Secondo le carte, il funzionario promette di acquistare un immobile «ad un prezzo certamente di favore (circa 500 mila euro in meno di un appartamento identico)». Passano quattro anni e la moglie di Marra acquista una casa dell’ente Enasarco nel quartiere di Prati Fiscali. L’appartamento di oltre 150 metri quadri, secondo l’accusa, sarebbe stato pagato con due assegni per un totale di 350 mila euro provenienti da un conto di Scarpellini. C’è da dire, e questo contribuisce a dipingere un personaggio che ha sempre voluto presentarsi come una specie di giustiziere integerrimo e che ha detto di essere stato il seme che ha fecondato il M5S, che la signora Marra risiede a Malta dal 2015, dove si sarebbe spostata (a suo dire) a causa di alcune intimidazioni causate dal suo ruolo. Secondo l’accusa, invece, Marra avrebbe beneficiato anche delle agevolazioni riservate agli inquilini (fino al 40% di sconto, corrispondenti a circa 500 mila euro) pur non essendo di fatto ancora residente nello stabile. Gli inquirenti parlano di «generica, ma non astratta, disponibilità mostrata da Marra nei confronti di Scarpellini, chiaramente connessa alle pubbliche funzioni svolte», il che condurrebbe a pensare all’«asservimento della funzione pubblica agli interessi privati dell’immobiliarista».

In procura arrivano a Marra tramite un’altra indagine. Sospettano che un pregiudicato romano, l’ex Banda della Magliana Manlio Vitale noto come ’er Gnappa’ stia taglieggiando Scarpellini. Quando il telefono di quest’ultimo viene messo sotto controllo, incappano nelle discussioni tra l’imprenditore e il dirigente. Che arrivano fino a tempi recenti, come nel luglio scorso. Quando Marra chiede l’intervento di Scarpellini per «placare la diffusa campagna stampa in suo danno». Il riferimento è a un’intercessione che il costruttore avrebbe potuto fare presso il suo collega Caltagirone, editore del Messaggero.

Raggi rassicura i suoi dicendo che i reati commessi da Marra non riguarderebbero la sua amministrazione. Ma per la gip, l’arresto è richiesto dalla posizione di potere ricoperta da Marra adesso, cioè all’interno del cerchio magico della sindaca. Si intravede, recita l’ordinanza, «il concreto ed attuale pericolo di reiterazione di condotte delittuose» per via della «indubbia fiducia» di cui Marra gode «da parte del sindaco Virginia Raggi». Pare di scorgere una certa malizia quando i giudici osservano come Marra abbia la capacità di sopravvivere alle ère politiche e alle polemiche che lo investono. Così, nonostante gli attacchi che provengono dall’interno del M5S e le critiche della stampa «non è stato esautorato, ma è stato nominato direttore del Dipartimento organizzazione e risorse umane del comune».

Per provare il rapporto tra Raggi e Marra i giudici citano un altro documento caldo, che costituisce il link tra questa inchiesta e l’acquisizione di documenti effettuata mercoledì dalla polizia giudiziaria in Campidoglio che potrebbe, trapela dalla procura, causare l’indagine per abuso di ufficio a carico di Raggi. Si tratta dell’esposto presentato nei mesi scorsi dall’ex capo di gabinetto Carla Romana Raineri, che rimosse Marra da suo vice: «Quando apprese che non intendevo confermargli il ruolo – racconta Raineri – si adirò alzando la voce e minacciando ritorsioni». Non a caso, dice Raineri, si arrivò alla sua revoca. Se la vide brutta, racconta sempre Raineri anche l’ex capo del Personale Laura Benente, che non concesse a Marra la possibilità di frequentare un master a Bruxelles. «Marra la intimidì, la minacciò urlando nei corridoi – riporta – Da lì a poche ore Raggi telefonò all’Inps di Torino, dalla quale proveniva la dirigente e chiese che la richiamassero subito in sede».

Tra le nomine contestate, c’è anche quella del fratello maggiore di Raffaele Marra, Renato, anch’egli ex militare della guardia di finanza. Tutto parte da una denuncia del sindacato di categoria dei dirigenti regionali, secondo i quali Marra non avrebbe dovuto apporre la sua firma alla delibera che ricolloca tra gli altri suo fratello alla neonata Direzione Turismo del Comune riconoscendogli un aumento di stipendio di 20 mila euro. Succede però che proprio Raggi si muova per sanare l’atto. Affermando che tra il 28 ottobre e il 9 novembre oltre ad essere andata in Polonia al seguito del Viaggio della Memoria, avrebbe studiato 1500 pagine di schede e documenti relative alla rassegnazione di 36 dirigenti. Un’altra storia che pare testimoniare quanto Raggi e Marra fossero legati a doppio filo. Almeno fino a ieri mattina.