La situazione in Venezuela diventa sempre più grave e potenzialmente gli eventi di ieri rischiano di soffiare su un fuoco che ormai da mesi è pronto a divampare.

IERI IL TRIBUNALE SUPREMO di giustizia venezuelano ha annunciato la revoca degli arresti domiciliari concessi ai leader oppositori Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma, per aver violato le condizioni che erano state fissate al momento della loro scarcerazione. Secondo l’alta corte, a Ledezma era stato proibito di diffondere dichiarazioni sui media, e a Lopez era stato vietato il proselitismo politico. Inoltre, ha aggiunto il Tsg, esisterebbero «rapporti di intelligence» su un presunto piano di fuga dei due dirigenti del’opposizione: per questo il tribunale ha motivato l’arresto – effettuato dal Sebin, il servizio segreto del paese – «in modo urgente». «Hanno appena prelevato Leopoldo a casa. Non sappiamo dove si trova e dove è stato portato», ha scritto su Twitter la moglie di Lopez, Lilian Tintori. Anche i figli di Ledezma, Victor e Vanessa, hanno denunciato l’arresto del padre.

PER L’UNIONE EUROPEA gli arresti sono «un passo nella direzione sbagliata» dopo il controverso voto di domenica scorsa per l’Assemblea costituente. «Abbiamo appreso la notizia oggi e riteniamo che sia chiaramente un passo nella direzione sbagliata», ha detto Catherine Ray, una portavoce del capo della diplomazia Ue Federica Mogherini. Sicuramente gli arresti rischiano di peggiorare l’intento di riportare il paese a una unità nazionale, pur guidata dall’Assemblea costituente.

MADURO HA ORA IL COMPITO di evitare la guerra civile, garantendo alla popolazione più povera le garanzia del chavismo, migliorando la condizione di vita di molti di loro ed evitando di portare il paese su un baratro che rischia di mettere in discussione l’intero processo bolivariano, tanto più ora senza alcuna sponda internazionale: Brasile, Argentina sono in mano alle destre, così come la Colombia; Cuba è alle prese con la complicata gestione del fenomeno Trump.

LA SITUAZIONE internazionale è oltremodo complicata: mezzo mondo condanna il Venezuela, dimenticando di fare affari con dittatori e paesi finanziatori del terrorismo a matrice Isis. Proprio per questo Maduro ha una difficile situazione politica da sbrogliare. Ai lamenti poi di alcuni leader occidentali di fronte agli arresti di ieri, come ad esempio Matteo Renzi via Facebook, bisognerebbe pur ricordare il curriculum dei due ri-arrestati.

LEOPOLDO LOPEZ, coordinatore di Voluntad Popular, partito che insieme ad altri forma l’opposizione, la Mesa de la Unidad Democrática ad esempio, politico più di estrema destra che «democratico», fu condannato per reati di corruzione ed è legato a istituzioni finanziate dalla Cia; nel 2002 fu tra le guide della marcia dell’opposizione al Palazzo Miraflores a Caracas che provocò la morte di decine di persone e aprì la strada al golpe contro Chavez, fallito dopo pochi giorni.

IN QUEI GIORNI PARTECIPÒ alla persecuzione e detenzione illegale dell’allora ministro degli interni e della giustizia, Ramón Rodríguez Chacín. Ma la causa penale nei confronti del golpisti terminò nel 2007 per via di un’amnistia decisa dallo stesso Chavez. Nel 2008 Lopez fu inabilitato politicamente per un caso di conflitto di interessi; condanna ripetuta dal 2011 al 2014 per storno di fondi. Quanto a Ledezma, nel 2002 appoggia il golpe contro Chavez. Partecipa alla serrata petrolifera che causa al paese perdite per 21 miliardi di dollari. Nel 2004 coordina le azioni del «Plan guarimba», viene accusato di incitamento a un gruppo che brucia la sede del partito di Chavez. Nel febbraio 2015 viene condannato per implicazione nel fallito colpo di Stato contro Maduro. Dopo due mesi di carcere militare, è posto agli arresti domiciliari. Intanto Maduro ieri ha replicato alle sanzioni degli Usa: «Io non obbedisco agli ordini imperialisti, io non obbedisco a governi stranieri, io sono un presidente libero», ha detto, reagendo così alla decisione statunitense di congelare tutti i beni che il capo dello Stato avrebbe negli Stati uniti.