Il dibattito apertosi in Germania sull’ipotesi baluginata da alcuni leader del Spd, liberarsi dell’arsenale atomico Usa in quanto «residuato della guerra fredda», ha avuto immediatamente una ricaduta a est.

Il 16 maggio Georgette Mosbacher, ambasciatrice Usa a Varsavia, ha dichiarato che la Polonia potrebbe schierare armi nucleari Usa sul suo territorio qualora il governo tedesco decidesse di ridurre il suo arsenale. «Se la Germania vuole ridurre le armi nucleari e indebolire la Nato, allora forse la Polonia, che paga la “sua giusta quota”, che comprende i pericoli e si trova sul fianco orientale dell’Allenza, potrebbe collocare sul suo territorio queste armi», ha scritto la diplomatica. Parlando di “giusta quota” della Polonia, l’ambasciatore avrebbe inteso rudemente segnalare a Berlino che, a differenza sua, il governo Morawieck adempie all’obbligo atlantico di allocare il 2% del Pil per le spese militari.

Seppur con toni più sfumati, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in un articolo su Frankfurter Allgemeine Zeitung, aveva ribadito che l’alleanza avrà un arsenale nucleare fintanto che tali armi esisteranno. «Un mondo in cui Russia, Cina e altri Stati possederanno armi nucleari, ma non la Nato, non sarà sicuro», ha affermato.

Di fronte a tanta irruenza non poteva certo mancare una replica russa, giunta per bocca della portavoce di Sergey Lavrov, Marya Zacharova. In una nota diffusa l’altro ieri la funzionaria ha osservato che tale decisione costituirebbe una violazione «dell’Atto istitutivo sulle relazioni reciproche, la cooperazione e la sicurezza tra Russia e Nato del 1997». In tali disposizioni, ricorda Zacharova, si affermava che «gli Stati membri della Nato confermano di non avere intenzioni, piani o motivi per dispiegare armi nucleari nel territorio di nuovi membri».

Sulla base di questo richiamo la rappresentante del governo russo ha poi voluto portare il suo affondo. L’Europa sarebbe più sicura se gli Usa «facessero tornare le proprie testate a casa propria». Un appello che può essere letto come un invito ai molti paesi occidentali sempre più riluttanti di fronte all’egemonismo americano ad abbandonare la gabbia dell’Alleanza.

La ripresa della polemica della socialdemocrazia tedesca nei confronti dell’alleato americano potrebbe essere messa in relazione anche alle difficoltà che incontra il completamento della gasdotto russo-tedesco North Stream 2 a cui Stati uniti e Polonia si sono sempre nettamente opposti e su cui anche tra i democristiani tedeschi da tempo serpeggiano dubbi.

Solo tre giorni fa è arrivato un duro colpo per le ambizioni di Gazprom di terminare la realizzazione di North Stream 2, proprio da un ente tedesco. Il regolatore dell’energia tedesco, il Bundesnetzagentur, ha respinto la domanda russa di esonero dalle nuove norme Ue: «Le deroghe ai requisiti normativi della direttiva avrebbero potuto essere concesse solo per le condotte completate prima del 23 maggio 2020».