La guerra civile siriana continua ad agitare le due sponde dell’Oceano e il Congresso americano. Ormai tutte le strade della crisi portano alla Casa Bianca. Dopo Israele, anche il governo inglese ha diffuso ieri una nota ufficiale con la quale afferma di avere prove «limitate ma convincenti» provenienti da «diverse fonti» dell’uso di armi chimiche in Siria. La palla ora passa a Washington.

Obama ha sempre detto che l’uso di armi chimiche da parte di Assad o di altre fazioni siriane rappresenta la «linea rossa» da non oltrepassare. Per McCain, senatore repubblicano influente ed ex bi-candidato alla presidenza, ora quella soglia è stata abbondantemente «superata».

Ma l’Amministrazione frena. In una lettera al Congresso il capo del Pentagono Chuck Hagel afferma che «diverse agenzie di intelligence Usa» con «differenti gradi di fiducia» avrebbero individuato un uso «su piccola scala» del gas Sarin (le analisi sui campioni prelevati nel terreno dalle forze speciali inglesi sono in corso in Giordania). Ma «i sospetti sono una cosa, le prove un’altra», ha detto Hagel ieri durante la visita al Cairo ribadendo che gli Usa restano «molto prudenti». Nelle stesse ore il ministro degli Esteri John Kerry ha precisato in audizione al Congresso che per ora si indaga su due episodi limitati e non è chiaro «chi» abbia usato «cosa».

La Casa bianca insomma va avanti con i piedi di piombo, nonostante le forti pressioni israeliane, inglesi e francesi. L’incubo del «fungo atomico» di Condi Rice spaventa il presidente democratico. Senza contare un paese (e un budget militare dei paesi Nato) massacrati da quasi sei anni di crisi economica. Prendere tempo, a questo punto, appare l’unica soluzione.