Il cambio di posizione di Sánchez sull’Ucraina sta generando forti tensioni tra i due partner di governo e rischia di spaccare la stessa Podemos.

Il leader socialista aveva annunciato che la Spagna non avrebbe inviato armi all’Ucraina, almeno non direttamente; a farlo sarebbe stato il Fondo Europeo per la Pace gestito dall’Ue. Ma ieri, in nome della «più ampia unità nella risposta all’invasione russa», il premier ha rettificato, annunciando in parlamento che Madrid spedirà a Kiev materiale militare offensivo.

La rettifica (poco più che simbolica) è piaciuta a Partido Popular, Ciudadanos e Vox ma non ai partner di Unidas Podemos, che si è formata attingendo a piene mani al grande e composito movimento pacifista che si mobilitò contro le avventure militari occidentali dei decenni scorsi. I viola hanno tralasciato la storica richiesta di fuoriuscita della Spagna dall’Alleanza Atlantica, ma pretendono che il governo dia almeno un segnale di discontinuità. La segretaria di Up e ministra dei Diritti Sociali, Ione Belarra, ha criticato l’invio di armi offensive a Kiev perché «alimenta l’escalation» e un «pericoloso scenario di conflitto mondiale». «No alla guerra senza se e senza ma. Che Putin sia un satrapo non significa che la Nato sia il Settimo Cavalleria» le ha fatto eco Pablo Echenique, un altro dei dirigenti del morados che hanno bollato come «censura» la decisione della Commissione Ue di bloccare le trasmissioni di Russia Today e Sputnik.

Anche Eh Bildu ed Erc (indipendentisti baschi e catalani) criticano l’annuncio di Sánchez. I socialisti però tirano dritto, potendo contare sull’ampia maggioranza al Congresso assicurata dai deputati delle destre e sul sostegno, forse, di una parte dei viola. «Il presidente ha tutto il nostro appoggio» ha detto la vicepremier Yolanda Díaz, proveniente dal Partito Comunista Spagnolo e che si sta smarcando sempre più da Up. Anche il portavoce dei Comuns – la costola catalana di UP – Jaume Asens e il ministro dell’Università Joan Subirats hanno espresso sostegno a Sánchez. Probabilmente lo farà anche Más País di Íñigo Errejón, ex braccio destro di Pablo Iglesias.

Oltre a inviare armi a Kiev, Madrid rafforzerà con 150 unità il suo contingente – attualmente di 350 militari – schierato in Lettonia dal 2017 nell’ambito del dispositivo Nato.

Tra i sostenitori più convinti delle misure annunciate c’è il leader dei neofranchisti di Vox. Santiago Abascal ha espresso solidarietà al governo ucraino auspicando l’indurimento delle sanzioni contro Mosca. Il leader dell’estrema destra ha poi elogiato l’accoglienza dei profughi ucraini: «Questi sì che sono rifugiati di guerra». «Chiunque può capire perfettamente la differenza tra questi flussi di rifugiati e le invasioni di giovani uomini musulmani che si lanciano contro le frontiere dell’Europa per destabilizzarla e conquistarla» ha aggiunto Abascal tra gli applausi dei suoi deputati.

«Che differenza c’è tra un morto nel Mediterraneo e un morto nelle strade di Kiev? La risposta è estremamente crudele: perché ora sono biondi e con gli occhi azzurri. Nessuna vita vale più di un’altra» ha replicato Gabriel Rufián, portavoce della Sinistra Repubblicana Catalana.

Erc e Bildu, insieme a Up, hanno anche chiesto all’esecutivo di premere sul governo polacco per ottenere la liberazione di Pablo González, un corrispondente di alcuni media progressisti – i quotidiani Gara e Publico – e dell’agenzia di stampa Efe, arrestato il 28 febbraio in Polonia mentre copriva l’arrivo nel paese dei profughi ucraini. Poche settimane prima il giornalista era stato interrogato dai servizi di Kiev ed espulso dall’Ucraina perché accusato di «lavorare per i russi».