Si sono ritrovati ieri a Roma, appuntamento di fronte all’ambasciata dell’Arabia saudita, per protestare contro l’incessante via vai di bombe dalla loro isola a Riyadh. Pacifisti sardi e associazioni, tra cui Sardegna Pulita, Cobas, Cagliari Social Forum, chiedono lo stop della vendita di armi alla petromonarchia, dal marzo 2015 a capo di una coalizione che sta devastando lo Yemen, il più povero dei paesi del Golfo.

Il sit-in arriva  in un periodo particolare, di tensione, dentro il governo italiano dopo che la ministra della Difesa Trenta (M5S), su Facebook, ha chiesto al collega degli Esteri di rivedere i contratti di vendita sulla base della legge 185/1990, che vieta l’esportazione di armamenti verso paesi che violano i diritti umani e impegnati in conflitti armati.

A Trenta ha risposto, via Twitter, il sottosegretario agli Esteri Picchi (Lega) che ha parlato di «conseguenza negativa occupazione e commerciale».

La Sardegna sa bene di cosa si sta parlando: è a Domusnovas che ha sede Rwm Italia di proprietà della tedesca Rheinmetall ed è da qui che partono bombe che, secondo rapporti internazionali, sono state utilizzate in Yemen contro target non militari, ma civili. E allora la risposta ai «dubbi occupazionali» la dà proprio il sit-in di ieri: «Non è dignitoso che dei lavoratori sardi siano costretti a fabbricare bombe che l’Arabia