Al vertice Nato di Newport, in Galles, oltre alla forza di intervento rapido di 4 mila uomini e la creazione di 5 basi (non permanenti) dislocate tra la Polonia e le repubbliche baltiche per lo stoccaggio di carburante e munizionamento, i vertici militari di Stati uniti, Francia, Norvegia, Polonia e Italia hanno raggiunto un accordo per la fornitura di «armamenti avanzati» e l’invio di consiglieri militari a Kiev per cercare di tenere a galla la sgangherata barca ucraina e farla navigare giusto il tempo per capire quale strategia adottare, cercando di limitare i danni di un disastro diplomatico e strategico imbarazzante per gli Usa e i suoi alleati europei.

A dare conto della fornitura di armi all’Ucraina è stato Yuriy Lutsenko in un lungo post pubblicato sul blog che gestisce dentro le pagine di Ukraiynska pravda. La notizia è stata ripresa da molti organi di stampa polacchi, per poi essere successivamente smentita dal colonnello Jacek Sonta, portavoce del ministero della difesa: «Nessun accordo è stato fatto al vertice Nato sull’invio di armamenti moderni all’Ucraina».
Smentita arrivata anche dagli Usa e dalla Norvegia. Il ministero della difesa italiano – da noi contattato – ha ribadito la posizione della ministra Pinotti al summit di Newport: l’Italia non invierà armi in Ucraina. Tuttavia si sta discutendo su quale tipologia di supporto militare potrebbe essere d’aiuto.

L’unica cosa certa fino ad ora è lo stanziamento di 15 milioni di euro in «aiuti generici», di che tipo però non è ancora dato saperlo. Eppure, al punto 5 di una lunga analisi fatta da Yuriy Lutsenko sul suo blog si legge: «Sicurezza. Al vertice Nato sono stati raggiunti accordi per l’invio di consiglieri militari occidentali e la consegna di armi moderne da Stati Uniti, Francia, Norvegia, Polonia e Italia».

Parole nette, scritte non da uno qualunque, ma da un organizzatore di Majdan, nonché ex ministro degli interni ed oggi consigliere politico del presidente ucraino Poroshenko. Oltretutto, le sue osservazioni sull’attuale situazione della crisi sono molto interessanti e raccontano un quadro molto diverso da quello dipinto dalla gran parte dei media occidentali.

Al punto 1 Lutshenko ammette quello che ormai anche le pietre sanno: l’esercito regolare ucraino – poco prima della tregua raggiunta a Minsk, la settimana scorsa – è con le ossa ammaccate. Più del 10% delle truppe ha abbandonato le posizioni senza un preciso ordine e l’unica opzione al momento rimasta è di mantenere la difesa. «Abbiamo bisogno di tempo per ristrutturare e potenziare le forze armate, e uscire fuori da una situazione di inefficienza», ha sottolineato sul blog.

Di fatto la situazione militare sul campo volgeva ormai nettamente a favore dei ribelli del Donbass. Nel caso in cui dovesse saltare la tregua, il rischio sarebbe combattimenti porta a porta e nelle strade con conseguenze disastrose per un’economia già in coma. Sul campo sono presenti truppe non regolari di volontari e mercenari (da una parte e dall’altra) che si sono macchiate di crimini di guerra, come denuncia Amnesty international in un rapporto consegnato al governo ucraino.

L’ex ministro degli interni ucraino, poi, sposta la sua attenzione sul piano economico quando parla di «convivenza» e chiede a gran voce un «piano Marshall» per l’Ucraina.
«C’è bisogno di riforme radicali e di una lotta senza tregua alla corruzione – scrive Lutshenko – e 5-7 miliardi di dollari da investire se vogliamo rendere attraente le nostre condizioni di vita agli occhi dell’Est».
Un’analisi ad ampio spettro che però ci lascia con qualche interrogativo: l’alleanza atlantica sta armando l’Ucraina? Ha in programma di farlo? E l’Italia come intende muoversi? Perché ancora non si è capito alcunché.

Leggendo il post di Lutshenko si ha la sensazione che l’Europa non sappia dove mettere mano, offuscata nelle sue decisioni dall’ombra ingombrante degli interessi americani.