Presentato all’ultima edizione del Torino Film Festival nella sezione Onde fuori concorso e in questi giorni alla rassegna «opere prime e seconde» al Cinelab dell’Isola Tiberina a Roma, Arianna, l’isola dell’abbandono è il primo film di Alessandro Scippa, sceneggiatore napoletano (Nemmeno il destino e Ruggine di Daniele Gaglianone, Pandemia di Lucio Fiorentino), ed una delle ultime produzioni della rinata Pablo di Gianluca Arcopinto. Il film, in un bianco e nero dai forti contrasti, è una riflessione sulla nostalgia che partendo dall’universalità del mito di Arianna àncora il tema originario dell’abbandono alla dimensione geografica dell’isola, qui Procida, associata al corpo femminile in un andirivieni di uomini nel porto dell’isola dell’arcipelago campano.

«Tutto è cominciato con quest’immagine dei turisti che vanno e vengono come si intravede nella danza dei traghetti alla fine del film – racconta Scippa – Tonio Cervellino, autore con me del soggetto e della sceneggiatura, al quale parlai di questa idea mi fece notare che proprio questo è il mito di Arianna, e così cominciò tutto».

Ma Arianna è soprattutto un film di sperimentazione. «L’ho girato con una macchina fotografica usata nella funzione video, il bianco e nero dà un taglio quasi fantastico. Per me Arianna doveva essere con i neri aperti, un po’ slavati quasi da cinema italiano degli anni 60, anche un po’ Bergman o Garrell, e i fondi di un bianco abbagliante. Questa scelta conferisce alla storia una dimensione senza tempo, sospesa, in fondo Arianna stessa vive uno stato di sospensione, di incertezza. Inoltre il bianco e nero mi ha aiutato a trovare una continuità fotografica al lavoro perché riuscire a mantenere una continuità è davvero difficile quando tempo e mezzi sono scarsi».

Arianna (Giovanna Giuliani) è innamorata di Nanni (Nanni Mayer), i due vivono su un’isola e per un breve momento sembrano felici. Il 31 dicembre mentre tutti si preparano alla festa di fine anno, Nanni sente il bisogno di lasciare Arianna e di tornare sulla terraferma. La donna vive quest’esperienza come le volte precedenti con accettazione e disincanto. Il racconto si sviluppa intorno all’attesa che si consumi il momento supremo della separazione senza peraltro che Arianna perda di umanità e sentimento nei confronti di Nanni/Teseo o di chi ha bisogno di sostegno come l’amica alla quale dimostra la sua solidarietà nonostante la sua prostrazione sentimentale. Buona parte del film è frutto di libere improvvisazioni degli attori. «Avevamo un canovaccio, ho deciso di fare il film una ventina di giorni prima di iniziare a girare. Uno dei piaceri più grandi è stato proprio di poter scrivere girando, lasciando gli attori liberi di improvvisare a partire da semplici input. Puoi immaginare quanto per uno sceneggiatore questo sia rivoluzionario, non più solitudine, monitor, tasti ma la vita vera che davanti a te puoi manipolare. Devo molto a Giovanna che si è fidata di me e del progetto, ha capito subito come doveva essere il personaggio di Arianna e si è lasciata andare, in modo direi animalesco, istintivo. Nanni Mayer la seguiva a ruota, lui non è un attore, nella vita fa l’apicoltore».

Arianna è stato anche un piccolo successo produttivo. «Venti giorni prima di iniziare avevamo solo 500 euro, si sono uniti uno dopo l’altro alcuni cari amici mettendosi a disposizione ciascuno secondo le proprie competenze. Feci vedere un primo montato a Gianluca Arcopinto, le spese nel frattempo erano lievitate a 15 mila euro. Dopo alcuni mesi Gianluca mi manda un messaggio e mi dice che il film gli piace e entra nella produzione del film. Così siamo riusciti a pagare missaggio, color correction e una copia in dcp. Non so se Arianna avrà una distribuzione ma considero un ottimo risultato quello che abbiamo raggiunto fino ad ora».