Di Asia Argento mi piace che non sembra avere paura di niente. Non sono tanti i cineasti che oggi rischiano sovraesponendo desideri e impeti emozionali nelle loro immagini senza misurarne col compasso gli effetti. Lei osa, si agita, e come nelle formule magiche alla luna piena con cui la sua piccola protagonista spera di conquistare il cuore del compagno di classe che la ignora, fa danzare insieme i suoi elementi con magnifica sintonia. E soprattutto rischia, e nelle sue avventure ci si butta a capofitto, tocca ogni corda e tono, urla, gestaccio, pianto, seduzione.

È eccessiva, sempre, ma con ferreo controllo visuale, fisico, narrativo come ci mostra subito, dalla prima scena del nuovo film da regista, Incompresa, al Certain regard, molto applaudito alla proiezione stampa. Una scena di iperrealismo familiare con gli stessi colori pesanti della casa, madre e padre artisti troppo occupati dal selfie della loro esistenza, figlie che si detestano usate e sballottate nelle loro liti. Gabriel Garko, shatush biondo, nel ruolo del padre è subito cult toccandosi a fare gli scongiuri quando la malcapitata figlietta rovescia il sale, davanti a lui superstizioso che manco il Christian De Sica di Colpi di fortuna.

Eccoci nel mondo di Aria, un ragazzina di nove anni, irresistibile e bravissima Giulia Salerno, figlia di una pianista celebre e di un padre attore nei film di trash serie B di botteghino , ossessionato dalla sfiga e dal cinema d’autore a cui aspira. Ha un’altra figlia ciccia/bulimica e vagamente incestuosa con la compagna precedente, e poi Aria insieme alla pianista. La quale a sua volta ha anche lei una figlia dall’uomo prima di lui, la sua prediletta. La nostra povera Aria sta un po’ in mezzo e quando i due a suon di botte, «puttana» e «fallito« si separano per lei comincia un andirivieni infinito tra le loro case. Nessuno dei due la vuole, troppo presi da se stessi, dagli uomini la madre, dalla sorellastra tutta rosa il padre…

Asia Argento, che compare in un cameo, ci tiene a dire che questo non è un film autobiografico, ci sono tracce della sua vita, naturalmente, ma anche di quella dei suoi amici. Certo è che Charlotte Gainsbourg nei panni della mamma pianista, e dallo charme assassino somiglia molto a Daria Nicolodi, madre della regista; il padre attore recita in film come Il ritorno della mummia e nel ruolo di Donatina la sorella di Aria da parte di madre c’è la figlia di Asia Argento, Anna Lou Castoldi. Per non dire del nome Aria/Asia, variazione degli errori nel vecchio T9 dei cellulari, e del quartiere Prati.

Però ha ragione, la verosimiglianza poco conta. Tutto questo lei lo trasforma in narrazione mischiando con spregiudicatezza melodramma, commedia, umorismo e sofferenza, fumetto, citazioni, pop culture e interni horror molto B movies. La sceneggiatura l’ha scritta la stessa Asia Argento insieme a Barbara Alberti, l’ispirazione viene da Incompreso capolavoro di Comencini, dove il fratello maggiore dopo la morte della mamma soffre terribilmente la palese predilezione del padre per il più piccolo.

Qui però Asia i genitori – purtroppo per lei – li ha tutti e due in vita pure se della sua esistenza non si occupano per niente. Disertano le premiazioni scolastiche, dove la ragazzina vince per i bei temi che scrive – è solo perché ha il padre famoso commenta maligna la compagna di classe invidiosa. Aria esiste solo quando sono di buon umore, ma basta un attimo a cacciarla via di casa. Lei fa di tutto per attirare la loro attenzione, teppista, anoressica, sbarra gli occhioni blu e fa quasi sempre la cosa sbagliata. Immaginiamo che a casa del padre si presenta con un gatto nero, l’essere vivente a cui tiene di più… Sola, con un’unica amica che ovviamente la tradirà, innamoratissima del ragazzino che non la fila – ma: «si dà tante arie e i suoi vendono la frutta al mercato» – detestata dai compagni di classe per il suo modo di essere, perché è diversa, Aria vagabonda magrissima col suo gatto e la borsa più grande di lei attaccandosi alla bellezza della sua libertà che nessun bambino ha. L’amica del cuore però dopo molte sigarette e lettere rubate nelle cassette postali degli altri, le volta le spalle: « Sono una bambina normale io!».

Lei no, lei è incompresa.

La regista riesce a entrare nel personaggio della protagonista, nel suo corpo minuscolo di piccola donna distilla il suo universo poetico e segreto, restituendo il mondo attraverso gli occhi della sua sensibilità. È questa la lente che deforma gli altri che la circondano, che mitizza il ragazzino crudele, sopporta quello innamorato, osserva dall’alto in basso le altre ragazzine tutte uguali coi loro vestitini da scuola elementare mentre lei è stupenda con le All stars rosa e gli abiti con le paillettes. E proietta sugli adulti dosi altissime di narcisismo d’artista, ipocrisie e nevrosi insopportabili. Eccesso dal male amoroso gustato come un lecca lecca.

E un po’ come l’icona Asia Argento fragilità punk – difatti l’amante della madre che predilige è il musicista tatuatissimo – e spavalderia ostentata.

Nella sua Incompresa ci sono anche molto dolore, e solitudine che scivolano nella trama del paradosso da fiaba crudele di streghe e orchi, adulti viziati e senza rispetto. E quel suo salto nel vuoto appare più come un gesto di rivolta che di rassegnazione, contro famiglia e meschinità ottusa. L’immaginario è sempre un’arma pericolosa.