Il direttore artistico David Agler, dopo quattordici edizioni ha annunciato che il prossimo anno concluderò la sua avventura irlandese. Il bilancio è positivo: un’orchestra locale di buon livello e un nuovo grande teatro, inaugurato dieci anni fa. Il festival 2018 presentava quattro titoli: accanto al Bravo di Mercadante, compositore molto amato a Wexford, campeggiavano in dittico due rarità della “ giovane scuola”, Mala Vita di Umberto Giordano e L’Oracolo di Franco Leoni, mentre una novità per l’Europa era la prima esecuzione dell’opera di William Bolcom Dinner at Eight (Pranzo alle otto). Agler si era riservato la direzione di quest’ultima, nella produzione creata nel marzo 2017 alla Minnesota Opera, con l’elegante regia dell’israeliano Tomer Zvulun. Bolcom ha musicato l’agile libretto di Mark Campbell, basato su Dinner at Eight di George S. Kaufman, commedia di Broadway resa celebre dal film del 1933 di George Cukor, con la platinata Jean Harlow e i fratelli Barrymore.

LA DISASTROSA organizzazione del pranzo esclusivo della ‘socialite’ Millicent Jordon offre uno spaccato della Manhattan altoborghese al tempo della crisi del ‘29, fra sarcasmi, fallimenti artistici e finanziari, intrighi sentimentali e ipocrisie. La musica di Bolcom non spezza mai il ritmo della narrazione, che libretto e regia scandiscono in intersezioni di pannelli in veloce alternanza ( scene anni ’30 di Alexander Dodge). La scrittura è fluida e funzionale, specie nelle scene d’insieme, con varie strizzate d’occhio al musical nei passaggi brillanti e un trattamento più convenzionale delle lumeggiature drammatiche. Ottimi i protagonisti, specie Mary Dunleavy e Stephen Powell, i coniugi Jordon, Craig Irvin e Susannah Biller, la coppia dei ricchi parvenus, Brett Polegato, il fedifrago dottor Talbot e Richard  Cox, l’attore suicida Larry Renault. Accolta benissimo dal pubblico di madrelingua, l’opera ha condiviso il successo con il dittico L’ Oracolo e Mala Vita. L’opera di Leoni, nato nel 1864 a Milano ma attivo a Londra, fu creata al Covent Garden nel 1905 dal baritono Antonio Scotti e fu un suo cavallo di battaglia.

NELLA CHINATOWN di San Francisco il gestore di una fumeria d’oppio compie varie malefatte criminali, rapisce un bambino, assassina il rivale ma finisce a sua volta ucciso per vendetta, scena finale che la regista Rodula Gaitanu ha reso particolarmente sanguinolenta. Le brevi scene di Leoni, non prive di qualità e inventiva, erano ben sostenute da uno spettacolo didascalico ma dal centrato gusto esotico. Lo stesso impianto, una sorta d’isolato rotante, era usato in modo meno originale anche per Mala Vita di Giordano. Scritta nel 1892, due anni dopo Cavalleria Rusticana, ne ricalca i tratti con uno sviluppo drammatico meno felice e una musica enfatica, che oscilla fra parossismo e bozzetto. Davvero bravo Francesco Ciluffo a difendere con gusto e equilibro dal podio le ragioni di entrambe le opere, sostenendo con partecipazione i cast, ottimo quello dell’Oracolo e volenteroso quello di Malavita.