Giornata al cardiopalma, ieri, per il governo argentino. Da due giorni, i rappresentanti della presidente Cristina de Kirchner sono impegnati a discutere a Manhattan con il mediatore Daniel Pollack, nominato dal giudice statunitense Thomas Griesa nella vicenda dei cosiddetti fondi avvoltoi: los buitres, ovvero gli speculatori che stanno cercando di trarre il massimo ricavo dalla bancarotta in cui è incorso il paese sudamericano nel 2001.

L’altroieri, il ministro dell’Economia argentino, Axel Kicillof, ha avuto per la prima volta un incontro diretto con i possessori dei fondi speculativi, che finora hanno sempre rifiutato di rinegoziare il debito con Buenos Aires. Si tratta di una piccolissima minoranza di creditori, a fronte del 93% che ha pattuito nuove modalità di pagamento: versamenti in più rate che risaneranno il debito (9,7 miliardi di dollari) con versamenti fissati per maggio 2015 e poi nel 2016. Un debito contratto nel 1956 e pari a 700 milioni di dollari, lievitato a 1,7 miliardi di dollari durante la dittatura militare che, tra il 1976 e il 1983, ha messo in ginocchio il paese.

Dopo l’accordo sottoscritto dal governo di Cristina Kirchner con il Club di Parigi lo scorso 29 maggio, una rata di 642 milioni di dollari è già stata versata nelle banche di New York. Ma il giudice Griesa ne ha disposto l’embargo, ingiungendo a Buenos Aires di saldare il salatissimo conto con i fondi di investimento Usa che non hanno accettato il negoziato. E ha fissato la scadenza alla mezzanotte di ieri (le cinque di mattina).
Nei giorni scorsi, il magistrato ha parzialmente sbloccato i pagamenti dei fondi Repsol, seguiti alla nazionalizzazione dell’impresa petrolifera argentina Ypf, fino al 2012 sotto controllo della multinazionale spagnola. Il governo Kirchner chiede però la sospensione della sentenza almeno fino a gennaio 2015 per trovare un accordo coi fondi avvoltoi.

Una richiesta dovuta soprattutto al fatto che, nell’accordo di ristrutturazione pattuito con il 93% dei creditori, una clausola prevede la possibilità di esigere migliori condizioni qualora queste venissero accordate a chi non ha accettato il negoziato. E la clausola scade alla fine del 2014.

Fino a ieri, Griesa si è mostrato inflessibile, nonostante le sollecitazioni provenienti anche dalle alte sfere nordamericane. Gli «avvoltoi» non devono strafare, ha scritto a giugno il New York Times, sottolineando che la sentenza renderà più complicato future ristrutturazioni dei debiti sovrani. Un precedente simile ha sostenuto il Nyt, potrebbe persino rimettere in causa il ruolo centrale del mercato di New York nel sistema finanziario internazionale. Anche i possessori di fondi europei hanno chiesto a Griesa di consentire il pagamento delle rate.
Ieri, però, per la terza economia latinoamericana è iniziato il conto alla rovescia verso un possibile default tecnico, il secondo in 12 anni. Uno spettro messo in moto il 16 giugno, quando la Corte suprema Usa ha respinto il ricorso presentato da Buenos Aires contro le sentenze del giudice Griesa, sempre favorevoli agli «avvoltoi». E ha imposto al paese sudamericano il pagamento di 1,3 miliardi di dollari, più gli interessi, agli speculatori. Tra questi, la Nml Capital Ltd, del miliardario Paul Singer.

Per Cristina Kirchner e per i paesi progressisti che la sostengono con forza negli organismi internazionali, si tratta di una questione di sovranità, giuridica e politica. «I fondi avvoltoi non danneggiano solo l’Argentina, ma tutti i paesi del sud», ha detto il presidente venezuelano Nicolas Maduro durante il vertice del blocco regionale Mercosur, che si è svolto a Caracas in questa fine luglio. All’organismo regionale partecipano Brasile, Uruguay, Paraguay, Venezuela e Bolivia (entrata in questa occasione). E l’Argentina ha ricevuto dal Venezuela la presidenza pro-tempore. Il blocco regionale ha discusso quale attitudine e alleanze rivolgere ad altri organismi come l’Unione europea, l’Alleanza del Pacifico e i meccanismi sostenuti dal Venezuela come l’Alba e Petrocaribe (con i quali è stata definita un’area economica comune).

Si è cercato anche di ridefinire il ruolo della Banca del sud alla luce delle decisioni prese in Brasile durante il recente vertice dei Brics, che ha stabilito la creazione di una nuova architettura finanziaria alternativa al Fondo monetario e alla Banca mondiale, e una stretta relazione con i paesi sudamericani in via di sviluppo. «Obiettivo del Mercosur – ha detto la presidente brasiliana, Dilma Rousseff – è mantenere la pace e la stabilità nella regione facendo convergere idee e modelli differenti per ampliare le politiche di inclusione sociale che sono parte del nostro reciproco sviluppo».