Sono praticamente annullate per speranze di trovare ancora vivo l’equipaggio del sottomarino argentino San Juan di cui si sono perse le tracce la mattina del 15 novembre scorso. Non soltanto perché la riserva di ossigeno è ormai esaurita per i 44 marinai incluso il primo ufficiale donna, secondo i calcoli dell’Armada, la Marina militare.

L’ambasciatore a Vienna, Rafael Grossi ha riferito ieri che gli analisti del Ctbto, l’organizzazione che monitora i test nucleari attraverso dispersione di radioisotopi nell’atmosfera e onde idroacustiche nel mare, hanno rilevato tre ore dopo l’ultimo contatto con il comandante del San Juan «un evento anomalo, singolare, corto, violento e non nucleare compatibile con una esplosione subacquea» sulla rotta del sottomarino disperso, un modello Thyssen vecchio di 34 anni.

Le ricerche formalmente vanno ancora avanti e coinvolgono 13 paesi, inclusi per la prima volta dopo la guerra delle Falkland mezzi della Marina inglese. C’è anche l’Italia per l’utilizzo del satellite mentre Putin ha messo a disposizione una nave oceanografica russa di ultimo tipo. Ma i familiari dell’equipaggio ospitati nella base navale di Mar del Plata in Patagonia dopo le ultime comunicazioni sono usciti in lacrime, abbracciandosi.

Sui media argentini è iniziato un can can di polemiche sulla vetustà del sottomarino e sulla non condivisione delle informazioni militari anche con il governo Macrì.