Il precedente più celebre di Argentina-Olanda, che stasera si contendono a San Paolo l’accesso alla sfida decisiva del 13 luglio, rimanda alla finale di Baires ’78, una partita che gli olandesi cominciarono a perdere il 24 marzo 1976.

Quel giorno, dopo aver guidato il golpe ai danni di Isabel Martínez de Perón, il generale Jorge Videla, noto appassionato di pallacanestro, fu convinto dall’ammiraglio Emilio Massera a confermare l’organizzazione dei Mondiali del 1978. Per iniziare, la più sfacciata operazione di propaganda politica applicata allo sport dai tempi delle Olimpiadi naziste del 1936, aveva però bisogno di un ultimo benestare, che arrivò il 6 giugno 1976. A Santiago del Cile, da tre anni sotto il pugno di ferro di Augusto Pinochet, il Ministro degli Esteri della Junta militar di Buenos Aires, César Guzzetti, incontrò Henry Kissinger. Il segretario di Stato americano assicurò l’appoggio di Washington: «Se ci sono cose che devono essere fatte, vanno fatte in fretta», disse, e promise che si sarebbe recato nel paese per i Mondiali di due anni dopo, qualunque cosa fosse successa.

E di cose ne successero. I militari realizzarono una ferocissima repressione del dissenso. Un’intera generazione di giovani fu torturata, violentata e fatta sparire nell’Atlantico con i voli della morte, mentre si prosciugavano le casse dello Stato per rifare il trucco alla nazione. Voci si levarono per incitare le nazioni democratiche a boicottare la manifestazione. Vanamente. Solo due anni dopo, invece, ben 65 paesi, fra cui Stati Uniti, Giappone e Germania Ovest, disertarono le Olimpiadi di Mosca per protestare contro l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Armata rossa: diversamente da oggi veniva considerato degno di maggiore e urgente soccorso più un paese aggredito da un altro che un popolo massacrato dal suo stesso governo.

L’Argentina raggiunse la finale del Mundial. Per farlo ebbe bisogno di alcuni arbitraggi molto favorevoli e della famosa “marmelada peruana”, la clamorosa vittoria per 6-0 contro il Perù, forse il più eclatante esempio di partita aggiustata nella storia della rassegna iridata. Il successo tennistico, necessario per sopravanzare il Brasile nella differenza-reti, fu reso possibile anche dall’irrituale visita nello spogliatoio peruviano compiuta da Videla e da Kissinger, che onorò in quell’occasione l’impegno preso due anni prima con il ministro Guzzetti.

Per vincerla, una finale, bisogna tuttavia giocarla, e dall’altra parte i padroni di casa trovarono l’Olanda orfana di Johan Cruijff, rimasto a curare le ferite psicologiche infertegli da un gruppo di criminali che avevano tenuto lui e la moglie sotto il tiro dei fucili in un tentativo di rapina. Tanto per gradire, gli argentini ricusarono il direttore di gara che si era guadagnato il merito di arbitrare la finalissima. Abraham Klein, che aveva magistralmente diretto la sfida Argentina-Italia del primo turno, vinta dagli azzurri anche grazie all’impeccabile condotta del fischietto israeliano, fu dirottato alla finale per il terzo posto e al suo posto fu scelto l’astigiano Sergio Gonella. Il 25 giugno 1978, quando le squadre scesero in campo per la finalissima, gli italiani presenti erano dunque almeno due: in tribuna d’onore, accanto al dittatore Videla, sedeva infatti Licio Gelli.

Gonella cedette subito alla pressione ambientale, allorché l’Argentina contestò la fasciatura rigida che cingeva l’avambraccio infortunato di René Van de Kerkhof. Il bendaggio era già stato approvato dalla Fifa e indossato nelle partite precedenti, per cui gli olandesi vi colsero un altro segno dell’antisportività dei sudamericani. Come autorizzati dalla sleale manovra, Neeskens e compagni aprirono la finale con proverbiale durezza, affondando i tackle senza tanti riguardi; gli argentini replicarono con il classico repertorio di colpi proibiti e provocazioni. Falli che oggi sarebbero sanzionati da espulsione immediata restarono impuniti e le maglie di alcuni giocatori si macchiarono di sangue.

Nel mezzo di questa caccia all’uomo, la criniera bruna di Mario Kempes, il puntero su cui l’allenatore Luis César Menotti riponeva tutte le speranze di successo, al punto da non aver convocato l’acerbo Diego Maradona che avrebbe potuto destabilizzarlo psicologicamente, aprì la difesa olandese per l’1-0. Nella ripresa, l’Olanda si rovesciò in attacco e pareggiò con il carneade Dick Nanninga. Al 90’, un lancio di Ruud Krol raggiunse Rob Rensenbrink, che eluse la guardia di Tarantini e superò il portiere Fillol. La palla era diretta in gol, ma forse il respiro della folla o un falso rimbalzo la deviarono sul palo.

Il piano di Videla, che stava per andare in frantumi, si compì nei supplementari. Spinta dall’urlo della folla, l’Argentina riprese forza. Con un’azione ciclonica, Kempes siglò il nuovo vantaggio, che Daniel Bertoni arrotondò sul 3-1 nel convulso finale.

La festa esplose in tutto il paese, anche gli aguzzini dell’Escuela de Mecanica de la Armada, uno dei centri di tortura del regime, che si trovava a soli trecento metri dall’Estadio Monumental, esultarono e abbracciarono le loro vittime dolenti: per una sera, dai cieli dell’Argentina, caddero coriandoli e festoni, e non corpi di donne e uomini verso le acque nere dell’oceano.

http://amateursport.wordpress.com/2009/12/04/kissinger-and-the-1978-world-cup-in-argentina/

http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB104/index.htm

http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB125/index.htm

http://letturepirata.wordpress.com/category/passaggi-di-tempo/letteratura-sportiva/

http://www.theguardian.com/sport/2006/jun/04/worldcup2006.football4