Se non riesci a segnare una meta è difficile vincere una partita. Non possono bastare i calci tra i pali, la precisione dalla piazzola che per molti anni è mancata all’Italia del rugby. Carlo Canna (quattro su quattro) ha fatto fino in fondo il suo dovere ma a mancare è stato il gioco d’attacco, la continuità, il tener viva l’azione. Dopo il successo su Figi giunge la battuta d’arresto con l’Argentina. Una punizione forse troppo severa nel punteggio (15-31) ma che certifica in qualche modo le troppe mancanze, i punti di debolezza di una squadra che deve crescere ancora.

Gli azzurri hanno giocato una buona partita per sessanta minuti, sono stati migliori degli argentini nelle fasi statiche e nei raggruppamenti, hanno a lungo dominato in mischia, ma non poteva bastare contro una squadra che dal 2012 disputa il Championship dell’emisfero Sud e si misura con gli All Blacks, gli Springboks e l’Australia, che perde spesso ma deve fare i conti con quel livello di qualità e di competenza. Qualcosa è certamente cambiato nel gioco dell’albiceleste: per anni tutti i libri di rugby e decine di resoconti ci avevano insegnato che la forza dei Pumas era la mischia, quel modo di interpretarla chiamata bajadita, con le prime linee tanto basse da sembrare che con la pancia sfiorassero l’erba, una spinta coordinata e perfetta che riusciva a mettere in difficoltà tutti gli avversari.

Sapienza, ribalderie, trucchi del mestiere, roba da gauchos. Ma ieri la mischia azzurra ha dominato per oltre un’ora in mischia chiusa, costringendo per ben tre volte al fallo gli avversari sulla loro stessa introduzione. La differenza tecnica si era spostata altrove, nella capacità di dare continuità alle azioni di attacco, in un gioco alla mano più arioso e arrembante e qui l’Italia mancava: attacchi troppo piatti che davano modo agli argentini di soffocarne lo slancio, ritardando l’uscita del pallone e costringendo gli azzurri a giocare con affanno.

L’ennesima sfida con l’Argentina, disputata allo stadio Franchi di Firenze, si è conclusa ancora una volta con una sconfitta. Il punteggio finale è di 15 a 31 per i Pumas che hanno segnato tre mete a zero, ma fino al 60’ le due squadre avevano lottato alla pari. “E’ stato frustrante – ha commentato O’Shea nel dopo-partita – E non penso che tra noi e loro ci fossero 15 punti di differenza”. Insomma, poteva andare diversamente. Che cosa allora non ha funzionato?

Partita malissimo, con un in avanti di Hayward su un calcio spiovente e tre placcaggi mancati da brivido nelle prime folate offensive dei Pumas, gli azzurri erano però riusciti a rimettersi in carreggiata. Bene la mischia, più disciplina rispetto agli avversari. A un penalty di Hernandez (11’) rispondeva due minuti dopo Canna: 3-3. Al 20’, dopo l’ennesimo fallo della mischia argentina nei propri 22 metri, Canna metteva dentro la punizione e si andava sul 6-3. Sei minuti dopo arrivava però la meta dei Pumas, dopo un attacco multifase e qualche placcaggio troppo morbido, era Sebastian Cancelliere a schiacciare oltre la linea. Sanchez mancava la trasformazione e si era sul 6-8. La replica dell’Italia non si faceva attendere: Castello, Parisse e Sarto guadagnavano metri e arrivava un altro fallo della mischia argentina che Canna puniva dalla piazzola: 9-8. Si andava al riposo con gli azzurri davanti e un certo ottimismo sul proseguo del match.

Sembravano esserci buone chances. In fondo l’Argentina soffriva molto le fasi statiche (3 touches perdute) e la difesa italiana sembrava nell’insieme reggere bene gli attacchi. I sudamericani rientravano però in campo con altro spirito e gli azzurri cominciavano a commettere qualche fallo di troppo. Al 46’ arrivava un nuovo sorpasso con un penalty di Nicolas Sanchez (9-11), poi toccava a Canna (48’) e l’Italia era di nuovo avanti. Sembrava un match destinato a risolversi con l’ultimo sorpasso utile nei minuti finali. Ancora Sanchez dalla piazzola al 54’ (12-14) ma due minuti dopo l’Italia trovava un bell’attacco sotto i pali e Marcello Violi l’ispirazione per un drop vincente: 15-14. Sanchez però ritrovava la precisione che gli era mancata nelle ultime partite in nazionale e l’Argentina al 59’ era di nuovo avanti: 15-17.

Era il momento dei cambi. Entravano Tebaldi (per Violi), Licata per Minto, Chistolini per Ferrari, Ghiraldini per Bigi. La mischia azzurra ci rimetteva in qualità, quella dei Pumas sembrava invece ritrovare un buon assetto. Il vento era cambiato. Al 68’ era il terza linea Marcos Kremer a trovare spazio tra le maglie azzurre: la sua era una meta di forza che portava gli ospiti sul 15-24 anche grazie alla trasformazione di Sanchez. E qui l’Italia si perdeva, non ne aveva più e cedeva di schianto. Gli ultimi dieci minuti erano un monologo degli argentini che andavano ancora in meta con l’estremo Joaquin Tuculet (76’). Brutto finale di gara.

Sabato l’Italia chiude a Padova contro il Sudafrica che in serata affrontava la Francia a Parigi.