«Caro nipote, cosa darei per vederti comparire in questa strada dove ti sto cercando…». Così scriveva Estela Carlotto, presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo, in una delle tante lettere rivolte al nipote scomparso, nel corso dei suoi 36 anni di ricerca. E il desiderio, infine, si è avverato: un giovane musicista, cresciuto con il nome di Ignacio Hurban nella campagna di Olavarria, in Argentina, ha deciso di sottoporsi all’esame del Dna, scoprendo di essere figlio di desaparecidos: il nipote numero 114. Uno dei tanti bambini (circa 500) sottratti ai militanti di sinistra che si opposero alla dittatura militare e dati ad altre famiglie, mentre i loro veri genitori venivano torturati, uccisi e fatti scomparire.

Si calcola che, tra il 1976 e l’83, il generale Videla e soci abbiano eliminato così circa 30.000 persone. Tra queste, la figlia di Estela, Laura, studente di storia appartenente alla Gioventù universitaria peronista, uccisa nel ’78. Stessa sorte toccò al suo compagno, Vladimir Oscar Montoya. Il cadavere della ragazza venne consegnato ai genitori il 25 agosto. Quando fu sequestrata, nel novembre del 1977, Laura era incinta di tre mesi. Fu detenuta illegalmente in una delle prigioni clandestine, La Cancha, allestita nella periferia della città di La Plata. Partorì il bambino all’Ospedale militare il 28 giugno, incatenata alla barella. Poté tenerlo solo cinque ore: il tempo di chiamarlo Guido, come il padre, sequestrato nell’agosto di quello stesso anno e liberato previo pagamento di 45 milioni di pesos, e grazie alle conoscenze della famiglia.

Estela Carlotto ha ricostruito gli ultimi momenti della vita della figlia durante anni di ricerche istancabili che hanno trasformato la sua vita: nella battaglia per la memoria, iniziata sfidando i militari a Plaza de Mayo, la maestra dedita alla famiglia si è trasformata nel simbolo del riscatto e del risveglio di un paese, ancora profondamente ferito. Nel libro Estela: la morte di una figlia concepì una Abuela, edito da 24 marzo onlus, Ricardo Petraglia ne ricostruisce il percorso e la metamorfosi, che rappresenta l’evoluzione di un paese.
«Oggi l’Argentina è un paese un po’ meno ingiusto di ieri», ha commentato la presidente Cristina Kirchner, e ha raccontato di aver chiamato la presidente delle Abuelas per piangere di gioia con lei. Un’emozione condivisa dall’intero paese, a cui si sono unite voci di governo ma anche di opposizione. Dal resto dell’America latina che si richiama alla «Patria Grande» si sono fatti sentire alcuni presidenti, come Pepe Mujica, l’ex guerrigliero tupamaro che governa l’Uruguay e Nicolas Maduro, a capo del Venezuela. Il primo, ha sofferto lunghi anni di carcere durante la dittatura militare. Il secondo, ha portato a casa un’avanzata legge «Contro l’oblìo» che rende possibile la ricerca dei desaparecidos negli anni della IV repubblica, anni di apparente democrazia.

«La cosa più importante è il raggiungimento della Verità, il persistere della Memoria e il trionfo della Giustizia», ha detto Cristina Kirchner. Un cammino ancora aperto, mentre gli anni passano e l’età potrebbe non concedere alle altre nonne la stessa gioia che sta provando oggi Estela. D’altro canto, il nipote ritrovato è un artista di sinistra, che ha frequentato gli ambienti delle Abuelas e scritto anche una canzone sulla memoria. Altri, invece, scelgono di non sapere. Per questo, le Abuelas moltiplicano i messaggi diretti. Il sito 24 marzo si rivolge anche ai nipoti che potrebbero essere stati portati in Italia: a settembre, riprende il processo alla rete criminale del Condor.