«C’era un problema gravissimo e urgente e ora abbiamo una soluzione possibile e ragionevole», ha affermato il presidente Alberto Fernández annunciando venerdì il principio di accordo raggiunto con il Fondo monetario internazionale sulla ristrutturazione del debito di oltre 44 miliardi di dollari contratto nel 2018 durante la presidenza di Mauricio Macri.

Per Fernández, si tratta del miglior accordo possibile per portare avanti le «politiche di crescita, sviluppo e giustizia sociale» onorando al tempo stesso gli obblighi assunti, a cominciare dal pagamento della prima rata del debito di quest’anno, equivalente a 731 milioni di dollari di interessi. L’intesa, ha spiegato, non compromette «la ripresa economica già avviata», non incide sui servizi pubblici, non colpisce le pensioni, non implica una riforma del lavoro, rispetta i piani di investimento nella scienza e nella tecnologia e «non ci impone l’obiettivo di un deficit zero».

SE L’ACCORDO è stato raggiunto in termini generali, restano però ancora da definire con l’Fmi, come ha spiegato il ministro dell’Economia Martín Guzmán, «i memorandum delle politiche economiche e finanziarie». Ma quello che è già assicurato, secondo il ministro, è «un ruolo moderatamente espansivo», con obiettivi di riduzione graduale del deficit primario, stabilito per il 2022 nel 2,5% del Pil, per il 2023 nell’1,9% e per il 2024 nello 0,9%.
«La storia giudicherà chi ha fatto cosa, chi ha creato il problema e chi lo ha risolto», si è detto convinto Fernández, invitando il paese «a unirsi attorno alle soluzioni e non a dividersi sui problemi». Un invito rivolto sia alla società civile che al Congresso, chiamato, quest’ultimo, a dare il via libera all’accordo dopo l’approvazione, un anno fa, della Ley de Fortalecimiento de la Sostenibilidad de la Deuda Pública, in base a cui ogni programma di finanziamento o operazione di credito pubblico concordati con l’Fmi devono necessariamente passare per il voto del parlamento.

CHE IL PAESE sia disposto a unirsi attorno all’accordo è tuttavia fuori discussione. Perché, secondo giuristi, avvocati, leader politici e ampie fasce della società – concordi nel considerare illegale e illegittimo, e quindi nullo, il prestito concesso al governo Macri dal Fondo monetario – il governo non avrebbe dovuto legittimare la truffa mediante la firma di un nuovo accordo.

E che si tratti di una truffa, la giurista dell’università di Leeds Karina Patricio Ferreira Lima e l’economista di Cambridge Chris Marsh non hanno dubbi: l’accordo sottoscritto dall’amministrazione precedente, per un prestito inizialmente previsto di 57 miliardi di dollari (poi ridotto da Fernández a 44), conteneva obiettivi impossibili da raggiungere ed era destinato, tra molto altro, ad aggravare la bilancia di pagamento, non prevedendo alcun controllo sulla fuga di capitali – a cui di fatto è stata destinata la maggior parte del prestito – malgrado l’Fmi fosse «legalmente obbligato» a sollecitarlo.

MA, ANCHE AL DI LÀ dell’accordo sottoscritto da Macri, a essere sotto accusa è in realtà tutto il meccanismo dell’indebitamento originato a partire dalla dittatura e via via legittimato da ogni successiva ristrutturazione del debito. Già nel 2000, non a caso, il giudice Jorge Ballesteros, dando seguito a un’approfondita indagine dello storico Alejandro Olmos, una delle massime autorità su tale questione, aveva ravvisato ben 477 atti illeciti e fraudolenti nel processo di indebitamento da parte del regime militare. Ma per quanto la sua storica sentenza fosse stata depositata al Congresso nessun governo le ha mai dato seguito da allora.

ED È ANCHE PER QUESTO che, tra ampie fasce della popolazione, la bocciatura dell’accordo annunciato dal presidente Fernández, malgrado le rassicurazioni da lui fornite, non potrebbe essere più netta. Così, dopo la massiccia mobilitazione contro il pagamento del debito realizzata l’11 dicembre scorso in Plaza de Mayo e in altre piazze del paese, circa 200 organizzazioni politiche, sociali, sindacali, studentesche, femministe e ambientaliste hanno convocato per domani nel Parque Lezama una riunione aperta a tutti con l’obiettivo di preparare una nuova grande manifestazione di protesta.