La app «Immuni» che doveva rilevare i contatti a rischio durante la fase 2 sarà disponibile a fine maggio. Anzi, «a cavallo della fine del mese», come ha detto il commissario per l’emergenza covid-19 Domenico Arcuri durante l’audizione alla Commissione trasporti della Camera. La app, che sembrava dover giocare un ruolo decisivo dopo il lockdown, non sembra più una priorità.

Secondo i calcoli degli esperti, il sistema funzionerà se vi parteciperà volontariamente circa il 60% della popolazione. Per invogliare all’adesione e raggiungere l’ambizioso obiettivo, Arcuri aveva parlato nei giorni scorsi di incentivi «di matrice sanitaria», con il rischio di discriminare chi non parteciperà, per scelta o impossibilità. Né Arcuri in commissione né il governo hanno però fatto chiarezza sull’incentivo.

Ciò che si sa è che il sistema di tracciamento non metterà a rischio la privacy, perché i dati sugli utenti non saranno archiviati dalle autorità sanitarie. Sfrutterà invece la collaborazione di Google e Apple.

Le due grandi aziende sviluppano i sistemi iOS e Android e decidono cosa si può o non può installare su un telefono. Per l’emergenza, hanno aperto i loro smartphone alle app per il tracciamento dei contatti ma ponendo alcune condizioni, tra cui l’utilizzo di un sistema protettivo per la privacy e dunque «decentralizzato». Utilizzando il protocollo fornito da Apple e Google, si evitano molti problemi tecnici.

Realizzare una app senza la collaborazione delle due aziende si è rivelato più difficile del previsto.

Nel Regno Unito, per esempio, il governo ha pensato a una app più invadente, in cui i dati sugli utenti e i loro contatti saranno utilizzati dal servizio sanitario nazionale (Nhs) per monitorare l’andamento dell’epidemia. Oltre ai problemi per la privacy, la app inglese ha un problema: non funziona sugli iPhone e su sistemi Android più recenti, proprio per le restrizioni che Google e Apple hanno posto all’uso del bluetooth sui loro telefoni.

Anche se il governo ha inaugurato proprio oggi un test della app sui 140 mila abitanti dell’isola di Wight, il sistema sembra destinato a fallire in partenza. La conferma viene dall’Australia, dove già 5 milioni di utenti (il 20% della popolazione) hanno scaricato la app di tracciamento CovidSafe per scoprire che su circa la metà dei telefoni non funziona.

La difficoltà tecnica di realizzare un contact tracing digitale troppo invadente – e soprattutto sgradito a Apple e Google – con il rischio di un fallimento annunciato spiega anche la marcia indietro della Francia. Il governo di Edouard Philippe aveva respinto l’offerta di collaborazione delle due multinazionali, e aveva annunciato la sua app «StopCovid» per fine aprile.

Ora se ne parla per giugno, sempre che l’Assemblea nazionale approvi il progetto. Ieri anche la Commissione nazionale per i diritti umani francese ha chiesto ufficialmente al governo di rinunciare al progetto e il quotidiano Le Monde parla di un progetto ormai «sepolto».