È di ieri mattina l’ennesimo gesto forte di Renato Accorinti. Gesto che ha provocato l’abbandono di due generali della Festa delle Forze Armate. Il sindaco ha srotolato una bandiera arcobaleno con su scritto «L’Italia ripudia la guerra» davanti al monumento ai caduti e tenuto un lungo discorso pacifista, nel quale ha chiesto la chiusura di tutti gli arsenali militari, auspicando che si possano «svuotare» e che si possano riempire, invece, «i granai, fonte di vita». «Il monito che lanciava Sandro Pertini», ha detto Accorinti, «sembra ancora ad oggi cadere nel vuoto. Nulla da allora è cambiato. L’Italia, paese che per la Costituzione ripudia la guerra, continua a finanziare la corsa agli armamenti e a sottrarre drasticamente preziose e necessarie risorse per le spese sociali, la scuola, i beni culturali, la sicurezza. Il rapporto 2013 dell’Archivio Disarmo sulla spesa militare in Italia documenta come l’Italia abbia speso per l’anno 2013, e spenderà per il 2014 e il 2015, oltre 20 miliardi di euro per il comparto militare (oltre a un ulteriore miliardo per le missioni internazionali) a fronte di una drammatica crescita della povertà sociale. Nel 2013 l’Istat ha pubblicato il suo più drammatico Rapporto sulla povertà nel nostro Paese. Gli italiani, che vivono al di sotto della linea di povertà sono ormai 9 milioni 563 mila, pari al 15,8% della popolazione. Di essi 4 milioni 814 mila (ossia l’8%) sopravvivono in condizioni di povertà assoluta, cioè impossibilitati ad acquisire i beni di prima necessità. In questo drammatico quadro nazionale la Sicilia diventa emblema della progressiva campagna di militarizzazione italiana», ha detto Accorinti. «La nostra isola – ha aggiunto Accorinti – rischia di diventare una portaerei del Mediterraneo: una base dalla quale fare partire strumenti di morte e controllare con tecnologie satellitari (Muos) i paesi stranieri. Anche l’arrivo dei flussi migratori è vissuto come un “problema di ordine pubblico” da affrontare con le forze armate, da circoscrivere in ghetti, lontani dagli sguardi della popolazione italiana, dove non sempre sono garantiti diritti e giustizia. Non si può rimuovere dalla memoria collettiva, quasi esorcizzando, un secolo di lotte del movimento operaio per la pace e il lavoro, il disarmo e la giustizia sociale. Questa Amministrazione appoggia quelle lotte e quegli ideali. Questa amministrazione dice sì al disarmo».