Vent’anni di misteri, depistaggi, falsi testimoni e inchieste finite nel nulla. E una pila di documenti segreti, tenuti sotto chiave per tutti questi anni negli archivi della Camera dei deputati per decisione dei servizi segreti civili e militari. Ieri il governo, nel giorno dell’anniversario dell’agguato di Mogadiscio del 20 marzo ‘94, ha annunciato l’apertura degli archivi riservati dei servizi sul caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, la giornalista e l’operatore del Tg3 assassinati in Somalia mentre erano sulle tracce dei traffici di armi e rifiuti tossici tra le pieghe della cooperazione italiana.

La decisione del governo è arrivata in risposta a una lettera di interpello della presidente della Camera Laura Boldrini, che ha recepito la richiesta di Greenpeace e una petizione lanciata da Articolo 21 che ha raggiunto in pochi giorni 70mila firme: «Abbiamo avviato la procedura di desecretazione degli atti sul caso Ilaria Alpi. Il governo è fortemente impegnato su questo fronte – ha spiegato alla Camera il sottosegretario ai rapporti con il Parlamento Sesa Amici – e vent’anni sono un tempo sufficiente per mantenere la sicurezza nazionale».

Sono carte che potrebbero imprimere una svolta alla ricerca della verità sui mandanti, sul contesto dell’agguato, sui tanti depistaggi che hanno impedito fino a ora il raggiungimento della verità. Sull’omicidio di Ilaria Alpi è ancora aperto un fascicolo presso la procura di Roma, affidato al pm Elisabetta Ceniccola. Ieri alla notizia della prossima apertura degli archivi segreti il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ha dichiarato di voler acquisire gli atti utili all’inchiesta.

L’unico condannato per l’esecuzione di Ilaria e Miran, il somalo Omar Hashi Hassan, è detenuto da dodici anni sulla base di un testimone che avrebbe dichiarato di aver inventato tutto, d’accordo con le autorità italiane.

Alla comunicazione del sottosegretario Amici ha subito risposto entusiasta Laura Boldrini: «È un segnale importante contro il muro di silenzio». Anche se nelle scorse settimane non erano mancati dubbi e perplessità sull’operazione di desecretazione dei fascicoli sul traffico internazionale di rifiuti e sulle «navi a perdere» – pratica che comprendeva anche gli atti segreti relativi al caso Alpi – avviata dall’ufficio di presidenza di Montecitorio. La richiesta di apertura degli archivi era arrivata da Greenpeace nel dicembre 2013, e dopo una prima risposta positiva di Boldrini la notizia – sollevata dal manifesto – di una rimozione soltanto parziale del segreto dai dossier riservati (solo 152 su diverse migliaia acquisiti negli anni dalle commissioni parlamentari d’inchiesta) aveva fatto sorgere la necessità di una domanda di desecretazione «allargata».

Un’esigenza di verità cui ha cercato di rispondere la petizione lanciata da Articolo 21 promossa da Stefano Corradino e Beppe Giulietti, anche perché nel frattempo fonti di Montecitorio avevano rivelato al manifesto che i servizi segreti militari, nella primavera scorsa, hanno negato l’autorizzazione all’apertura dei dossier riservati sui rifiuti e sulla Somalia a un ufficio di Montecitorio.

Non è ancora noto quanti e quali documenti verranno avviati alla desecretazione: i dossier dei servizi sul caso Alpi-Hrovatin sono 1.500 (ma il generale Sergio Siracusa, ex direttore del Sismi, ne aveva mostrati circa 8mila alla commissione presieduta da Carlo Taormina), cui vanno aggiunti 750 documenti dell’ultima commissione sui rifiuti e le migliaia di atti acquisiti dalle commissioni ecomafia dalla XII alla XV legislatura. «È il miglior modo di onorare, più che la memoria, il lavoro di Ilaria», ha commentato in serata la ministra degli Esteri Federica Mogherini. Entusiasti anche tutti i soggetti che nei giorni scorsi avevano aderito alla petizione di Articolo 21, dal segretario della Fnsi Franco Siddi («è una svolta straordinaria che apre finalmente una breccia per verità e giustizia») all’associazione Ilaria Alpi, agli stessi promotori: «Seguiremo passo passo – assicurano Corradino e Giulietti di Articolo 21 – l’iter e le risposte che saranno fornite da chi aveva apposto il segreto. Questo risultato è anche il frutto delle 70 mila persone che hanno chiesto di mettere fine al regime dei segreti e della clandestinità».

Ora la palla passa al governo e ai servizi segreti – Aise e Aisi, ex Sismi e Sisde – gli stessi servizi che solo nel maggio scorso avevano negato l’apertura degli archivi. Ma i servizi di sicurezza sono controllati dalla presidenza del Consiglio e dal governo, che sembra aver espresso una volontà politica chiara. Non è possibile prevedere se gli atti declassificati daranno un impulso nuovo all’inchiesta sulla morte di Ilaria e Miran. La madre di Ilaria, Luciana Alpi, dopo un lungo periodo di disillusione ha detto di aver ritrovato la speranza. Dopo vent’anni di oblio, inquinamenti e omissioni.

* ToxicLeaks