La fama che la precede non farà dormire sonni tranquilli a lavoratori e sindacati metalmeccanici. Un arrivo improvviso, non preannunciato, quello di Lucia Morselli nel ruolo di presidente del Cda e amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, dove va a sostituire l’ex ad Matthieu Jehl, che ha spiazzato un po’ tutti. Ed anche insolito, se vogliamo, visto che sino all’aggiudicazione della gara per l’affitto degli impianti dell’ex Ilva nel giugno 2018, la Morselli è stata la rappresentante di Cassa Depositi e Prestiti all’interno del consiglio di amministrazione dell’AcciaItalia, la new.co costituita dalla multinazionale Jindal, dal gruppo Arvedi dalla holding DelFin del gruppo Luxottica e appunto dalla Cdp.

Perché questo cambio improvviso alla guida dell’ex Ilva? Sicuramente la super manager è abituata alle sfide difficili. Basti ricordare le complesse vicende della Berco di Ferrara, dove nel 2013 aprì su mandato della Thyssenkrupp una procedura di licenziamento per 611 lavoratori, aprendo le porte ad una stagione di scontri con sindacati, lavoratori ed istituzioni: furono mesi di scioperi che si conclusero con cassa integrazione, incentivi all’esodo, e sacrifici non indifferenti per i lavoratori con gli integrativi salariali congelati per 24 mesi. Più recenti le vicissitudini legate alle acciaierie Ast di Terni, sempre di proprietà del gruppo Thyssenkrupp. Anche lì venne chiamata per far quadrare i conti: annunciò 550 licenziamenti, che scatenarono quelli che ancora oggi in molti ricordano come i «36 giorni di Terni». Scioperi, presidi dei lavoratori, durissimo confronto con i sindacati: anche in quel caso si ricorse a 290 esuberi incentivati, salvando l’attività produttiva del sito.

È dunque una manager che ama le sfide complesse. Oltre ad amare i numeri, essendo laureata in matematica. Lei stessa nell’incontro di ieri con i sindacati ha dichiarato che «non esiste forse oggi in Italia una sfida industriale più grande e più complessa di quella degli impianti dell’ex Ilva. Sono molto motivata dall’opportunità di poter guidare ArcelorMittal Italia, e farò del mio meglio per garantire il futuro dell’azienda e far sì che il suo contributo sia apprezzato da tutti gli stakeholder». Del resto, i conti dell’ArcelorMittal Italia non sono dei migliori: dallo scorso gennaio l’azienda perde tra i 30 e i 40 milioni di euro al mese. L’obiettivo è far quadrare i conti entro dicembre e per farlo, secondo indiscrezioni, servirebbe recuperare 140 milioni di euro. Il limite di produzione fissato a 6 milioni di tonnellate annue sino al 2023 e la crisi del mercato dell’acciaio europeo fanno il resto: dallo scorso luglio e sino al 31 dicembre sarà in vigore la cassa integrazione a zero ore per 1.273 lavoratori del siderurgico tarantino. Che si sommano ai 1.661 lavoratori rimasti in cig in Ilva in Amministrazione Straordinaria che stanno iniziando il percorso formativo per operare nelle bonifiche in capo alla struttura commissariale, e gli oltre 800 che hanno già accettato l’incentivo all’esodo.