Il festival Poste Pay Rock in Roma entra sempre più nel vivo della sua programmazione, e dopo i concerti di Queens of the Sotn Age, Billy Idol, Avenged Sevenfold, Thirty Seconds to Mars e la doppietta Prodigy-Die Antwoord, ha ospitato lunedì quello, attesissimo, di una delle band del momento, i canadesi Arcade Fire. Il gruppo è reduce dal successo di un album, The Suburbs, che lo ha lanciatio definitivamente dal mondo «indie», a cui hanno fatto seguire il nuovo lavoro, uscito da pochi mesi e che vede la presenza di grandi nomi del firmamento pop e rock internazionale, a cominciare da David Bowie, intitolato Reflektor e lanciato da un video accattivante in cui i componenti della band si presentano con delle maschere «macrocefale», le stesse che appaiono sul palco sulle note di uno dei loro pezzi più noti, Rebellion (Lies).

Ma è solo uno scherzo, un gioco, giacchè dietro quelle maschere non si celano Win Butler, la sua compagna di vita artistica e sentimentale Régine Chassagne, e compagni ma una «fake band», prontamente sostituita dagli originali che per l’occasione si presentano vestiti in maniera eccentrica e, soprattutto, con una line up di ben tredici musicisti, tra i quali una sezione di percussioni, una di fiati e una violinista. L’inizio, con Normal Person seguita proprio dal singolo e title track dell’ultimo disco, Reflektor, è incoraggiante, ma alla lunga l’impianto scenico e sonoro messo in campo dai ragazzi di Montréal cede il passo a una sorta di disco-dance anni 2.0 che però non convince del tutto.

Troppa carne al fuoco, e quello che si ascolta non giustifica la presenza di una così nutrita schiera di musicisti e viceversa. Quel che però più conta è che il pubblico, accorso numeroso ma forse meno delle aspettative, ha dato la netta impressione di apprezzare il tutto, anche quando il concerto ha mostrato la corda con un paio di brani più soft e nonostante la non particolare vena vocale dei coniugi Butler, continuando a seguire il ritmo e, spesso, anche i testi delle canzoni, fino alla conclusione con l’ultimo brano in scaletta, Sprawl II (Mountains Beyond Mountains).

Ma la pausa dura poco e il leader della band si ripresenta sul palco, accolto da un’ovazione dei fan, nelle vesti di papa Francesco, tonaca bianca e maschera – sempre oversize – del pontefice argentino. Qualche nota mistica e poi si riparte con ritmi presi in prestito dalla musica africana e, sempre, dalla discomusic per Here Comes the Nightime, con gran spolvero di effetti scenografici, tra fumi e coriandoli gettati sulla folla. Ancora un pezzo in scaletta, Keep the Car Running, prima del definitivo congedo con Wake Up, hit della prima ora, con un coretto accattivante che il pubblico gradisce e dimostra di conoscere a menadito cantandolo all’unisono con Butler e soci. Finisce così uno dei concerti più attesi dell’anno nella capitale, aspettando i prossimi appuntamenti con Rob Zombi + Megadeth (il 26 giugno), David Guetta (il 28) e la grande serata rock con i Metallica (il primo luglio).