L’israeliano designer e architetto Ron Arad, classe 1951 (nato a Tel Aviv), è un bricoleur che ama sperimentare da decenni su tutti i tipi di materiali («non esiste un materiale che non sia pronto per l’uso» è il suo motto), divertendosi a invertire le funzioni degli oggetti e a disegnare arredi eccentrici. La sua immaginazione spazia in tutti i campi del design e lo ha visto modellare showroom (Maserati di Modena, 2002-03), musei (Museo del Design di Holon, in Israele, 2004 – in progress), hotel, il negozio di Yohji Yamamoto a Tokyo, così come librerie dai nomi favolistici (Bookworm). Fra i suoi pezzi più acclamati c’è la Rover Chair del 1981, un readymade che molto deve a Marcel Duchamp (nato da un semplice sedile di macchina), senza dimenticare poi le sue collaborazioni strette con marchi quali Alessi, Vitra, Moroso, Swarovski. Ora Ron Arad è il protagonista assoluto di una mostra che si è appena aperta alla Pinacoteca Agnelli di Torino (visitabile fino al 30 marzo). «Sono più interessato alla forma e alla figura, la funzione è secondaria – ha confessato più volte – Se creo un grande vaso, possiamo chiamarlo così, ma non mi interessa se la gente lo usa o meno, mi diverto a scoprire i procedimenti, quello che si può fare con il materiale».

Dopo aver esposto in musei e gallerie internazionali come il Pompidou di Parigi, il Moma di New York e Barbican a Londra, a Torino propone una personale dal titolo In Reverse: qui si concentra su un imponente nuovo progetto, presentato per la prima volta quest’anno al Design Museum di Holon, edificio progettato da Arad stesso a Tel Aviv, che, attraverso esperimenti fisici e simulazioni digitali, esplora il modo in cui le carrozzerie delle automobili, soprattutto Fiat 500, si comportano sotto compressione.

Sulle pareti degli spazi disegnati da Renzo Piano, al quarto piano della Pinacoteca Agnelli, Arad ha portato Dried Flowers (2013): è una installazione che consiste insei modelli di Fiat 500 schiacciati e appiattiti, tanto da diventare bidimensionali e perdere la profondità dei loro abitacoli.

Poco oltre, Arad presenta Roddy Giacosa, una nuova scultura creata posizionando centinaia di barre in acciaio inox lucido su un’armatura metallica, sempre rispettando la forma originaria di una Fiat 500. Ogni sezione sagomata riprende la linea dei pannelli della vettura e i componenti si integrano per formarne la carrozzeria. Sarà in mostra anche lo stampo utilizzato per quest’opera. Non solo macchine ridotte a «pannelli di lamiere», però. Arad ha portato in Italia anche alcune sue opere dei primi anni Ottanta: si tratta soprattutto di sedie in acciaio (fu tra i primi a utilizzare l’acciaio temperato in forme scultoree e spiraliformi). Molti, inoltre, sono gli oggetti schiacciati, fra cui spicca un’automobilina della polizia che l’artista ha raccontato di aver trovato quarant’anni fa in una strada di Tel Aviv.

Nel percorso espositivo, c’è anche Slow Outburst, la simulazione digitale di Arad del processo di schiacciamento del modello più recente della Fiat 500, così come una scultura ricavata da un fotogramma del film Drop, realizzato con una tecnica di stampa in 3D.