Ragazza del Novecento, del duemila e oltre, Rossana Rossanda ruba la scena a chiunque nel film che le ha dedicato Mara Chiaretti: fosse anche il comitato centrale del Pci nel ’69, o la trasmissione in prima serata, o i cari amici – Fabrizio Barca, Nadia Fusini, Carlo Freccero, Sandro Lombardi, Philippe Daverio – che vanno a trovarla in occasione del suo compleanno.

Vanno da lei, recando omaggi e sorrisi in quel «giardino segreto» che è la sua residenza parigina. Oggi si può vedere lo straordinario ritratto Essere Rossana Rossanda a Roma alla Casa internazionale delle Donne alle ore 18.

L’EMOZIONE che non vuole trapelare dal suo linguaggio sferzante è ben espresso dalla regia che circonda la protagonista di colori e fiori, ben lontana in ogni caso dal grigiore italiano, quasi un intermezzo settecentesco.

Per noi vedere questo film non è cosa semplice, scorre un secolo di storia sullo schermo e costringe a rimettere in discussione tutto un percorso che ebbe inizio in via Tomacelli nel 1970, quando si preparavano i numeri zero del manifesto. Noi che (in tanti) venivamo dalla facoltà di filosofia di Roma ci sentivamo corazzati dal punto di vista politico, ancora di più per il fatto di non essere mai stati iscritti al Pci, come fosse una medaglia extraparlamentare.

C’è da dire che nella battaglia femminista Rossanda ci spalancava le porte: non perché lei lo fosse all’epoca (sarà un lungo percorso), ma perché era vista da tutti i compagni con un rispetto e un’ammirazione che non rivolgevano neanche ai leader maschi. Non era del resto epoca di leader, ma il fatto di chiamarsi per nome non accorciava le distanze.

Il richiamo del partito riassorbì parte della generazione dei fondatori, i primi ad allontanarsi dal quotidiano da poco fondato. Lei invece è sempre restata a condividere una rotta anche nella nebbia più fitta, fino a una delle ultime assemblee in cui il dissenso diventa più forte.

Com’è andata? «Il nuovo manifesto voleva cambiare. Una vecchia comunista e in più prepotente e insopportabile come me non la sopportavano più…Io ho fatto ricorso all’assemblea e l’assemblea ha votato contro di me». E nel 2012 lascia il giornale. «Sarei molto contenta se mi chiedessero di rientrare», dice. Come il manifesto ha cercato di fare (qui e qui, ndr).

NEL FILM POSSIAMO ripercorrere nel magnifico repertorio di filmati e immagini, la grande ricchezza di esperienze di una vita segnata dal rigore e dalla ragione, personalità già di spicco nella vita politica italiana ben prima del manifesto: farà bene alle nuove generazioni esaminare quegli anni per cogliere la profonda differenza di spessore e stile rispetto ai tempi contemporanei.

Ci piace vederla nei film di repertorio lasciare impietriti i suoi interlocutori nelle tribune elettorali o nel comitato centrale, come immaginarla far sobbalzare Togliatti per la sua decisione, come responsabile della politica culturale del partito, di far stampare libri fuori ordinanza, o a Cuba con Fidel o nel viaggio a Mosca a scoprire il Malevic in cantina e sentirsi anche spiegare che il partito non può stare con le avanguardie perché il popolo non le capisce.

[do action=”quote” autore=”Rossana Rossanda”]«Darei due parole d’ordine, mai rinunciare alla ragione, mai alla libertà»[/do]

La rilettura dell’allontanamento dal partito con il gruppo del Manifesto può essere ancora oggi di qualche insegnamento: «Mi hanno buttata fuori al momento giusto» sostiene, ricordando «il modo miserabile» con cui il partito ha fatto finire se stesso.

LA MITOLOGIA che l’ha sempre accompagnata, nel film ci arriva ammorbidita dai lievi colloqui con gli amici che la sollecitano perfino al racconto di stravaganze, di lati personali sempre stemperati da un tocco di ironia.

«La fondazione del giornale la ricordo con stupore e allegria – afferma – era un tentativo di essere comunisti e cioè coscienti della vita collettiva e dei suoi bisogni liberatori. Questo era l’insegnamento del ’68. Come movimento operaio eravamo abituati a far tacere le ragioni della persona di fronte ai bisogni di tutti».

E del ’68 indica la scoperta del problema delle donne come la cosa che segna il cambiamento più durevole. Senza dimenticare l’incubo dell’8 marzo, data fatidica in cui «bisognava sempre scrivere qualcosa» e tutti i redattori maschi si chiudevano nelle loro stanze.

Le siamo grati per essere un modello di come si sta dalla parte del torto.

OGGI LA PROIEZIONE ALLA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE DI ROMA

Oggi, la regista Mara Chiaretti parlerà del film «Essere Rossana Rossanda», insieme a Maria Luisa Boccia e Ida Dominijanni, nell’ambito dell’iniziativa dedicata alla proiezione del docufilm. L’appuntamento è alle 18 presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma (Centro Congressi, via della Lungara 19) che, insieme al Centro Riforma dello Stato, organizza l’evento.