Arrivato alla sua ventesima edizione, ma il 1999 sembra lontano anni luce sia dal punto di vista storico che da quello cinematografico, il Far East di Udine, oltre a proporre il meglio del cinema popolare estremo orientale e del sud-est asiatico, si arricchisce in questa edizione di alcune importanti novità. Nella serata di ieri ad aprire le danze di questa edizione è stato il thriller sudcoreano Steel Rain, prodotto da Netflix che dopo questa proiezione non sembra intenzionato a portare il film nelle sale, ma, come di consueto, direttamente sulla sua piattaforma streaming. Una decisione questa di aprire con un lavoro targato Netflix che sembra quasi una dichiarazione d’intenti, laddove Cannes, giustamente o meno, ha ostracizzato il gigante americano, la manifestazione friulana sembra essere più aperta ad un’idea di cinema in continua evoluzione, formale e di distribuzione. Così come in continua evoluzione sembra essere il Far East stesso, che dopo aver aggiunto una sezione dedicata al mercato, il Projet Market, negli anni scorsi ed una al documentario ad esempio, in questa edizione farà debuttare il Gelso bianco. Ritornano certamente i premi storici come il Gelso d’oro, assegnato dal pubblico ed il Gelso nero dagli accreditati Black Dragon, ma a questi se ne aggiunge uno nuovo di zecca che rivoluziona in qualche modo il concetto stesso del festival. La giuria del Gelso bianco infatti, il 28 aprile, il giorno di chiusura del festival, sceglierà ed annuncerà la migliore opera prima o seconda fra un gruppo di 21 film provenienti da Corea del Sud, Taiwan, Tailandia, Singapore, Vietnam, Filippine, Indonesia e Cina, questa novita’ potrebbe davvero rappresentare un punto di svolta importante per il festival, soprattutto negli anni a venire. Se la moltitudine delle zone cinematografiche rappresentate è da sempre uno dei fiori all’occhiello del Far East, sono 11 i paesi che parteciperanno con i loro film all’edizione di quest’anno, è altrettanto innegabile notare come una grossa fetta di questi film provengano da paesi sempre molto presenti nel capoluogo friulano come Cina, Corea del Sud e Giappone, ma spesso le sorprese piu’ illuminanti arrivano da opere prodotte in mercati “minori”, sta allo spettatore scoprorle. Quest’anno i lavori contemporanei provenienti da Hong Kong non saranno molti, considerando anche le coproduzioni, solo quattro, in una manifestazione quella del Far East che è cresciuta anche grazie al film dell’ex-colonia, forse questa presenza limitata rappresenta un segnale della situazione cinematografica che si sta sviluppando a Hong Kong e di conseguenza nella Cina mainland. La produzione del vasto paese asiatico si è infatti moltiplicata vertiginosamente negli scorsi anni, su tutti i fronti, ed il festival di Udine, che molto spazio dà al cinema popolare, non poteva non riflettere questa fase storica. L’ex colonia britannica resta comunque uno dei poli cinematografici storicamente più importanti, se non altro per la sua storia, anche quest’anno allora uno degli eventi più attesi Udine si lega proprio a Hong Kong. Nella giornata di oggi 21 aprile infatti, verrà consegnato il Gelso d’oro alla carriera a Brigitte Lin, una delle attrici ed icone cinematografiche dell’estremo oriente più apprezzate. Lin dalla fine degli anni settanta fino alla metà dei novanta, quando decise di ritirarsi, è stata protagonista in più di 100 film, dai melodrammi sentimentali ai wuxia, e proprio per celebrare l’attrice saranno proiettati nel capoluogo friulano sei film da lei interpretati, vale la pena ricordare almeno Cloud of Romance del 1977, a Udine nella sua versione restaurata, ed il magnifico Hong Kong Express (Chungking Express), il film di Wong Kar-wai che ha segnato una stagione cinematografica con il suo stile e la sua poetica.
Nel contingente cinese si va dal campione d’incassi Wolf Warrior II di Jung Wu, film ambientato in Africa che ha fatto storcere il naso a più di qualcuno per l’evidente sostrato patriottico e nazionalista a The Legend of the Demon Cat di Chen Kaige, sontuoso spettacolo visivo ambientato durante il periodo Tang (618-907). Dall’arcipelago nipponico invece arrivano alcuni lavori già passati nel circuito festivaliero internazionale, come la fantascienza tutta particolare di Foreboding, firmato Kiyoshi Kurosawa, o The 8-Year Engagement di Takahiza Zeze che qui si allontana, almeno in apparenza, dal tocco autoriale ed anarchico che lo caratterizza di solito, in una storia dal sapore melodrammatico che racconta l’amore fra due giovani oltre la barriera della malattia. Dalla penisola coreana arrivano anche, fra il folto gruppo che rappresenta il paese asiatico, dei lavori che non hanno paura ad esplorare storie di oppressione e violenza come Battleship Island di Seung-wan Ryoo, la fuga da un campo di lavori forzati dove venivano mandati i prigionieri coreani sull’isola di Hashima durante il periodo dell’imperialismo nipponico. Il film, come spesso accade a questo tipo di opere, ha scatenato polemiche nella destra giapponese che ha definito i fatti raccontati nel lungometraggio non veritieri, tanto più che l’isola stessa, conosciuta come Gunkanjima, è diventata patrimonio dell’umanità UNESCO nel 2015 e destinazione di turismo anche internazionale dopo l’apparizione in Skyfall.
Fra i sei classici che vedremo nel capoluogo friulano una menzione particolare la meritano Throw Down di Johnnie To del 2004, restaurato da L’Immagine ritrovata di Bologna/Hong Kong e Tampopo di Juzo Itami, film culto sull’ossesione per il cibo con cui il regista assassinato dalla yakuza nel 1997 esalta ma anche prende in giro questa mania culinaria giapponese. Un tripudio di piatti di ramen ed erotismo anche spinto che continuerà, solo il patto giapponese si intende, con uno degli eventi extra-cinematografici più attesi in città, il ramen al cinema Visionario. Perchè sì il Far East, come tutte le migliori manifestazioni festivaliere, non è solo cinema ma sa riversare la sua passione anche al di fuori delle sale e per le strade con una serie di eventi che come ogni anno animeranno la cittadina friulana. Più che mai opportune sono tre mostre che provano a raccontare per immagini la Corea contemporanea fra nord e sud attraverso ritratti, quelli nordcoreani di Matjaz Tancic, fumetti, quelli della la sudcoreana Ancco, e la video arte di Yee Sookyung.