Del perché il film The Artist di Michel Hazanavicius ci abbia dato scarsissime emozioni nonostante l’unanime entusiasmo, è spiegabile anche solo scorrendo il programma di un festival come «Cinema Ritrovato» di Bologna (29 giugno – 6 luglio): non la fredda scelta del bianco e nero, ma la possibilità di ritrovare lo splendore monocromatico, il palpabile genio degli autori di inizio secolo, le basi stesse del cinema. «Silent Hitch», programma curato da Bryony Dixon, ci riporta un Alfred Hitchcock per lo più sconosciuto a chi non ha mai frequentato i cineclub, un regista che il grande pubblico apprezza solo per i suoi thriller americani. Acquista nuove dimensioni visive nei film realizzati in Inghilterra, è impensabile cercare di afferrare in pieno le sue ossessioni senza aver visto film come The ring (’27) o The Lodger (’26).

The pleasure garden (’26) è stato ricostruito completamente con il restauro, tra i nove che il Bfi ha rimesso a nuovo in tre anni di lavoro (di Easy Virtue era rimasta una sola copia) e di ricerche tra distributori e collezionisti. Altro capitolo entusiasmante del «Cinema Ritrovato» è la rassegna dedicata a Allan Dwan, il regista dai 400 o 1400 film, sperimentatore in tutte le epoche. «I primi film sono i più rari, invisibili per generazioni e ora restaurati, con titoli a cui ben pochi cinefili potranno resistere: The Ranch Girl, Blackened Hills, The Thief’s Wife» come scrive Peter von Bagh, il direttore del festival nella sua introduzione.

Era tra l’altro il regista di Douglas Fairbanks di cui si vedranno le acrobatiche, letterarie imprese in film come A modern Musketeer (’17) girato nel Grand Canyon o Iron Mask (’29), l’ultimo film muto di Fairbanks nei panni di D’Artagnan. «Ogni volta che vedevo un burrone dovevo buttarci giù qualcuno» raccontava Dwan e non si rendeva forse conto che aveva fondato la più solida costante dei film d’azione che ancora oggi terminano sul tetto dei grattacieli. Per poi passare a Gloria Swanson e alle sue imitazioni di Chaplin tagliate dalla distribuzione e poi citate in Viale del tramonto.

Ma soprattutto alle commedie che anticipano tutte le eroine «molto» indipendenti del cinema americano. Da segnalare i film muti della prima regista russa Olga Preobrazhenskaya allieva di Stanislavskij, attrice negli anni Dieci, insegnante al Vgik dopo la rivoluzione e poi in coppia creativa con Ivan Pravov allievo di Mejerchol’d. Firmano insieme i loro film dal ’29, spesso utilizzando tecniche di avanguardia. Ma il Comitato centrale bloccò le loro produzioni, Pravov fu imprigionato nel ’41 come nemico del popolo e i film vennero attribuiti solo a lei. Olga lasciò il cinema, cambiò casa e si trovò come dirimpettaio proprio Dziga Vertov che un tempo era suo fiero avversario, ma a quel punto divennero amici.