La Food and Drug Administration (Fda) statunitense ha autorizzato ieri l’uso dell’aducanumab, il primo farmaco specifico contro il morbo di Alzheimer. La storica autorizzazione, tuttavia, è accolta con molti dubbi dagli scienziati alla ricerca di una cura contro la malattia, che colpisce 600 mila persone in Italia e 47 milioni nel mondo. Entro l’anno, anche l’Agenzia europea del farmaco dovrà esprimersi sull’aducanumab.

Il farmaco consiste in un anticorpo attivo contro una proteina detta «beta-amiloide», che nei malati di Alzheimer si accumula nel cervello. Secondo una delle teorie più accreditate, sono le placche della proteina a provocare i danni cerebrali connessi all’Alzheimer, e l’aducanumab sarebbe in grado di ridurne la formazione.

La decisione della Fda era attesissima dalla comunità scientifica e dalle associazioni che assistono i pazienti. Le sperimentazioni del farmaco aducanumab, infatti, hanno generato molte speranze ma anche notevoli dubbi circa il reale impatto sulle condizioni dei malati. Come ammette la Fda nel suo parere, la riduzione delle placche di beta-amiloide «con una ragionevole probabilità è associata a un beneficio per i pazienti». Ma intorno a tale beneficio clinico «rimangono molte incertezze». Perciò, la casa farmaceutica Biogen che produce l’aducanumab dovrà «condurre studi clinici post-autorizzazione per verificare il beneficio clinico previsto». L’autorizzazione della Fda dunque assomiglia più a una scommessa che a una vera e propria approvazione. La posta in gioco è altissima sia sul piano sanitario che su quello economico.

La Alzheimer Association, la principale associazione di malati (assai influente grazie a un bilancio annuale di 352 milioni di dollari) si è detta entusiasta dell’autorizzazione: «una vittoria per le persone che convivono col morbo di Alzheimer e le loro famiglie» l’ha definita il presidente e amminitratore delegato dell’associazione Harry Johns. «Significa che le persone avranno più tempo a disposizione per partecipare attivamente alla vita quotidiana, essere indipendenti e mantenere più a lungo i ricordi». Al contrario, la comuntà scientifica ha accolto la decisione con un diffuso scetticismo.

Innanzitutto, un numero crescente di scienziati ritiene che le placche di beta-amiloidi non siano la causa della perdita della memoria ma solo un effetto concomitante della malattia. Inoltre, i due studi clinici sull’aducanumab condotti dalla Biogen avevano dato risultati deludenti: la stessa casa farmaceutica li aveva interrotti anzitempo nel 2019, visto che i pazienti arruolati non mostravano benefici dal trattamento. Solo riesaminando i dati successivamente si è rilevata una riduzione delle placche con un dosaggio elevato del trattamento, e solo in uno dei due studi. Nonostante dati così poco convincenti, l’azienda aveva richiesto l’autorizzazione al commercio alla Fda. Nel novembre del 2020, gli esperti convocati dalla Fda avevano fornito un parere negativo.

Il via libera di ieri è arrivato grazie a ulteriori dati prodotti dalla Biogen (ma non condivisi con la comunità scientifica), che hanno convinto la Fda a contraddire i suoi stessi esperti. E ha generato sconcerto nella comunità scientifica. «Se l’aducanumab sarà approvato, non lo prescriverò ai miei pazienti» aveva affermato sul sito Stat alla vigilia del verdetto Jason Karlawish, neuroscienziato all’università della Pennsylvania, che ha collaborato con la Biogen nelle ricerche sull’Alzheimer. Karlawish ha ricordato che il farmaco comporta anche un rischio di micro-emorragie cerebrali, che costringe i pazienti a periodiche risonanze magnetiche di controllo.

«Toccherà ai pazienti e ai loro familiari decidere se è il farmaco sia giusto per loro». Non sarà una scelta facile: il farmaco costerà circa 50 mila euro l’anno. E dato che le placche tipiche dell’Alzheimer si formano anche con vent’anni di anticipo sui sintomi, i pazienti a rischio dovranno assumerlo il più precocemente possibile, prima ancora di conoscerne la reale efficacia e con enorme dispendio finanziario. Con queste prospettive, l’aducanumab era considerato dagli analisti di mercato il farmaco con il più alto potenziale commerciale in corso di sperimentazione, con 5 miliardi dollari di ricavi annuali previsti nei soli Stati Uniti. Dopo l’approvazione, il valore delle azioni della Biogen è schizzato da 286 a 411 dollari, con un aumento di circa il 50%.