Roberto Rosso, già parlamentare di Forza Italia, oggi è uno dei pochi consiglieri comunali torinesi a dichiararsi contrario alla costruzione del controverso polo sanitario torinese che prenderà il nome di Città della salute. Lo sbarco della sanità privata in grande stile, che porterà ad un taglio di quasi 900 posti letto in città, è un progetto del centro sinistra regionale che originariamente vedeva contrario il M5S di Chiara Appendino, che preferiva un minore peso economico del settore privato nella sanità torinese. La Città della salute con ogni probabilità non si farà mai, ma quello che impressiona è il repentino cambio di prospettiva del M5S, divenuto favorevole all’opera.

La prospettiva di un governo Pd-5 Stelle che scuote i commentatori nazionali a Torino è realtà da tempo. Perché il M5S torinese una volta giunto al governo ha scoperto la magia della parola «responsabilità», che presto ha sostituito il mantra pre elettorale «coerenza, ci va coerenza». Così l’unione politica tra i due blocchi è nell’ordine delle cose, sebbene rimanga in piedi un bizzarro battibecco permanente. Il M5S si spostato sulle posizioni del Pd per l’intero programma elettorale: l’odiata Fondazione Cultura che doveva chiudere oggi invece è bella e va bene, i supermercati non sono più da bloccare ma anzi, avanti tutta perché riqualificano le zone depresse, ovviamente la Città della Salute e i privati sono diventati una grande occasione per la città, le Olimpiadi invernali del 2006 – molto criticate durante il quinquennio di opposizione dal M5S – oggi potrebbero essere ripescate con una candidatura.

Ma al di là della retorica pentastellare, la goccia che sta per far traboccare il vaso prende un nome molto serio: esuberi del personale. La Fondazione Torino Musei ha 28 persone di troppo, perché i tagli draconiani alla cultura non lasciano spazi di manovra. Ma potrebbe essere solo l’antipasto, dato che Gtt, il trasporto pubblico torinese, versa in condizioni drammatiche. Il nuovo piano industriale al 2021 di Gtt, «non ha ancora la totale copertura del fabbisogno finanziario»: lo ha affermato il vicepresidente e assessore al Bilancio della Regione, Aldo Reschigna. «Ad oggi manca ancora un pezzo, che considero non irrilevante, di copertura del fabbisogno finanziario – ha detto Reschigna – e la Regione non può mettere denaro pubblico in una società che non ha un piano industriale coperto e credibile». Il vicepresidente ha parlato di un fabbisogno di 45 milioni «che devono ancora essere trovati».

Il Comune ovviamente non ha un centesimo in cassa per ricapitalizzare, strozzato dal debito ereditato su cui non osa fare una battaglia politica per non inimicarsi il suscettibile potere finanziario della città.

Tra le ipotesi si fa spazio la privatizzazione parziale del trasporto pubblico, ma sarebbe un Waterloo rispetto al programma elettorale per il M5S. Il boccone amaro potrebbe essere troppo voluminoso per alcuni consiglieri pentastellari che minacciano di far saltare il banco e spedire la ex sindaca più amata d’Italia a casa. Durante una riunione di maggioranza su Gtt, una sparuta minoranza di temerari ha avanzato obiezioni e domande su privatizzazione sì, privatizzazione no: la sindaca dopo aver raccattato i suoi fogli se ne è andata. Un secondo voto contrario è giunto nella commissione urbanistica, da parte di tre consiglieri, su una questione minore. Scricchiola la maggioranza dei 5 stelle torinesi, ma appena dietro le loro ombre si intravedono già i soccorritori.