Economia

Appendino attacca la Hag: «Immorale delocalizzare»

Appendino attacca la Hag: «Immorale delocalizzare»

Torino Il 22 trattativa al Mise con la multinazionale olandese. Calenda polemizza con la sindaca

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 11 ottobre 2018

on c’era aria di crisi, anzi si prevedeva addirittura un incremento di produzione. Invece, ad Andezeno, appena fuori Torino non distante da Chieri, il 25 settembre è arrivata una doccia fredda: licenziamento collettivo per i 57 dipendenti dello storico stabilimento dove si producono – dalla tostatura al confezionamento-– i marchi di caffè Hag e Splendid.

E da quel giorno i lavoratori sono in stato di agitazione contro la decisione della multinazionale olandese Jde (Jacobs Douwe Egberts) che, insieme a Flai Cgil e Uila Uil, definiscono «scellerata». In tutto questo c’è puzza di bruciato, anzi di mercato. «Avete trasformato il sudore in lacrime», hanno scritto su uno striscione affisso vicino alla tenda rossa. Ufficialmente la società parla di un calo della «domanda di caffè tostato e macinato» che ha creato problemi di «sovraccapacità» all’interno del network europeo. Ma la scelta reale della multinazionale, che tre anni fa acquistò lo stabilimento piemontese, è quella di delocalizzare.

E TORINO di questa pratica ne sa qualcosa, non soltanto con la vicenda Embraco. Jde vuole chiudere in Italia, spostare la produzione probabilmente in Bulgaria ma, allo stesso tempo, lasciare aperti i siti in Germania e in Svezia, dove il costo del lavoro è più alto e le ore lavorative settimanali inferiori. «Non è comprensibile che un’azienda delocalizzi, ancor più in assenza di una situazione di crisi», ha detto la sindaca di Torino Chiara Appendino, che ieri ha visitato il presidio. «Siamo al fianco dei lavoratori e ci impegniamo a trovare una soluzione a questa vergognosa situazione», ha aggiunto la sindaca, promettendo di accompagnare gli operai il 22 ottobre a Roma all’atteso tavolo in programma al ministero dello Sviluppo Economico.

I LAVORATORI HANNO SCRITTO al ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, per scongiurare il rischio che «ancora una volta una multinazionale depredi il made in Italy». Hanno sottolineato: «Da sempre la nostra azienda ha lavorato a pieno regime, tre turni dalla domenica sera al sabato mattina. Mai si è usufruito della cassa integrazione, con il nostro lavoro abbiamo sempre garantito competenza e offerto massima flessibilità. Si sono sempre raggiunti i premi a obiettivo e si è stati premiati più volte, anche quest’anno, per la sicurezza. Nonostante questo, il 25 settembre abbiamo ricevuto la comunicazione della chiusura definitiva». Allo stato attuale ben poco può fare il «decreto dignità» promosso da Di Maio, in quanto prevede ingenti sanzioni solo alle aziende che dopo aver ricevuto aiuti di Stato delocalizzano le attività prima di cinque anni dalla fine degli investimenti agevolati. Non sarebbe il caso della Jde.

L’EX MINISTRO CARLO CALENDA ha colto la palla al balzo e ha twittato: «E le norme contro le delocalizzazioni del decreto dignità?». Da sempre quando ci si avvicina ad Andezeno si sente il profumo del caffè. Hag è nel linguaggio quotidiano sinonimo di «decaffeinato», Splendid è, invece, un marchio più classico nato a Torino nel 1969. Su un totale di 57 dipendenti, la maggior parte quarantenni e cinquantenni, 47 sono operai e 10 impiegati.

E tra di loro ci sono anche diversi coniugi. Martedì a far visita ai lavoratori è arrivato l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia.

LE SUE PAROLE sono state tra le più dure espresse nei confronti della decisione aziendale. «Siamo di fronte a un paradosso inaccettabile: le regole del mercato sembrano garantire, e solo ad alcuni attori, la pura ricerca del profitto, a scapito di ogni altro fattore. Si realizzano così scelte devastanti, incomprensibili e disumane che colpiscono lavoratori, famiglie e territorio e dimenticano volutamente che il “capitale umano” è fattore decisivo della produzione, il valore aggiunto su cui l’impresa può contare per il suo sviluppo».

E ha concluso: «E ora che il governo assuma un forte impegno, per far fronte a queste situazioni, che si ripetono purtroppo spesso nel nostro territorio, è necessaria una politica comune di intesa e di solidarietà che valga per tutti gli Stati dell’Unione: non è la concorrenza sleale, non è la guerra fra poveri, ciò di cui abbiamo bisogno per difendere il lavoro e per restare e crescere in Europa».

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