Il prossimo 11 luglio i primi ministri Ue si incontreranno a Torino in un summit sulla disoccupazione giovanile. Fin d’ora sappiamo a quale teatrino assisteremo: i leader dichiareranno «guerra alla disoccupazione», ma lo faranno considerando l’assenza di lavoro come un «dramma» casuale, e non come frutto di scelte politiche neoliberali. E conosciamo già anche la soluzione che presenteranno: come negli ultimi trent’anni, verrà ripetuto che una maggiore flessibilità genera aumento dell’occupazione. A dispetto di ogni seria statistica.

La risposta a milioni di disoccupati sarà dunque l’ennesimo racconto della favola della flessibilità, che nasconde dietro a sé la precarizzazione totale, l’altra faccia della disoccupazione. Proprio in questo solco si inserisce infatti il cosiddetto Jobs Act del governo Renzi, che rende praticamente illimitata la possibilità di proroga dei contratti a tempo determinato e trasforma gli apprendistati in forme di sfruttamento legalizzato.

In Italia, con uno dei tassi di laureati più basso d’Europa, studentesse e studenti vivono sulla propria pelle una condizione segnata, già a partire da scuole e università, da mancanza di prospettive. L’eliminazione progressiva di borse di studio e di dottorato, e l’inserimento dilagante di test a numero chiuso rispondono ad un disegno finalizzato a produrre una formazione elitaria, che sotto il velo della meritocrazia nasconde barriere all’accesso per i più deboli. Assistiamo a un processo che, tramite l’espulsione di massa dai percorsi formativi, getta le persone nella spirale di disoccupazione e precarietà, facili vittime di forme contrattuali senza garanzie.

Per queste ragioni intendiamo ribaltare il vertice Ue: un ribaltamento rispetto all’agenda politica dei governi, perché la precarietà non è la soluzione alla disoccupazione, e un rovesciamento in termini democratici di un summit di pochi potenti, che non coinvolge i diretti interessati nelle scelte che vengono compiute. «Ribaltare il vertice» vuol dire che non accettiamo un’Europa in cui si accumulano nuovi capitali attraverso un processo di valorizzazione che scarica i costi sui più deboli, in cui la formazione diventa funzionale a un mercato del lavoro dominato dalla concorrenza spietata, in cui s’impone un modello di sviluppo insostenibile che trasforma le nostre città in luoghi di speculazione, in cui muore la dignità del lavoro «garantito» sostituito da sfruttamento e precarietà per le nuove generazioni.

All’attacco che subiamo bisogna rispondere con la ricomposizione di un fronte sociale eterogeneo, capace di intrecciare le lotte per il reddito, il diritto alla casa, il diritto allo studio e i beni comuni. Un fronte radicale nelle rivendicazioni e nelle pratiche, in grado di costruire partecipazione diffusa e consenso ampio. In questo senso intendiamo l’11 luglio e le giornate precedenti come occasione irrinunciabile di una presa di parola collettiva, in un ciclo di mobilitazioni che comprenda l’intero semestre italiano di presidenza Ue.

In questa prospettiva, giovedì 19 giugno a Torino ci sarà un’importante tappa nel percorso di avvicinamento alle manifestazioni di luglio: un dibatto in università (Palazzo nuovo, ore 18) al quale parteciperanno Andrea Fumagalli, Francesco Raparelli, Michele De Palma e Alberto Zoratti, e una street parade notturna «Porka Troika, è in ballo il nostro futuro!» (22.30, Arco del Valentino), che chiuderà la giornata in musica, opponendo al grigiore dell’austerità l’allegria della nostra lotta.

Per informazioni: Facebook Knowork – Ribaltiamo il vertice e sito http://ribaltiamoilvertice.it