Sott’accusa il governatore della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, che deve rispondere di corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Ieri, in una turbolenta mattinata, al presidente sono state notificate due richieste di proroga di indagini nell’ambito di altrettanti procedimenti penali in corso e a suo carico. Contestualmente – ma questa una storia non lo riguarda personalmente – gli è stato fatto presente che la magistratura sta cercando di far luce sulle vicende di Palazzo Centi, sede della presidenza della Regione: lo storico edificio è situato nel cuore del capoluogo ed è inagibile dal terremoto del 6 aprile 2009. Documenti sull’appalto degli interventi di rifacimento, non ancora avviati, dello stabile sono stati presi con un blitz dei carabinieri a Palazzo Silone a L’Aquila.
Momenti convulsi, dunque, per l’esponente del Pd, filo renziano. Da un lato i militari che “occupano” improvvisamente e parzialmente gli uffici della Regione per acquisire atti e voluminosi fascicoli; dall’altra la procura dell’Aquila che gli fa sapere che su di lui pendono due inchieste, condotte dalla pm Antonietta Picardi. Una concernente un progetto tra Lettomanoppello e Penne; un’altra per opere, soltanto preventivate, alle case Ater di Pescara: in quest’ultimo caso è la Squadra mobile ad occuparsi delle verifiche. Pare che il punto di congiunzione delle varie inchieste sia da ricercare nell’architetto Gianluca Marcantonio, di Montesilvano (Pe), nominato da D’Alfonso all’interno della Conferenza unificata del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

«Mi sono stati comunicati atti di proroga di indagini penali che vanno avanti dal novembre 2015 con rinnovi semestrali – recita una nota diffusa da D’Alfonso -. Gli argomenti per i quali sono state individuate ipotesi di reato sono un intervento nella città di Penne; lavori, al momento solo quantificati e ipotizzati come priorità a seguito di legittime pressioni e denunce dei cittadini, di rigenerazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle case popolari in via Caduti per servizio e in via Salara Vecchia a Pescara». E poi c’è il procedimento penale su Palazzo Centi nei confronti di 7 indiziati; tra questi non compare il nome di Luciano D’Alfonso. Che, in un comunicato, puntualizza: «Mi dichiaro totalmente estraneo alle vicende e auspico una loro rapidissima definizione. Ho fiducia nell’operato della magistratura così come ne avevo in passato, quando è stata sempre accertata la liceità delle mie condotte amministrative».

«Escludo implicazioni di carattere politico e credo, comunque, che in tutti e tre i casi sia stato fatto un lavoro certosino», commenta invece il vicepresidente della Regione, Giovanni Lolli. Per quanto riguarda Palazzo Centi, che risale al 1776, solo dopo un farraginoso iter, nei mesi scorsi la gara per l’appalto da 13 milioni di euro, è stata aggiudicata alla ditta Edil Costruzioni Generali Srl di Isernia con un ribasso del 35,017 per cento. Lo stabile fa parte del patrimonio della Regione Abruzzo dal 2002. L’appalto post sisma è stato caratterizzato da lungaggini burocratiche dovute anche al passaggio di consegne tra il provveditorato interregionale alle Opere pubbliche di Abruzzo, Lazio e Sardegna e la Regione stessa, divenuta stazione appaltante con la cessazione dello stato di emergenza, il 31 agosto 2012. Al bando hanno risposto 29 imprese, molte delle quali colossi delle costruzioni, con le offerte valutate da tre commissioni: nella bufera giudiziaria sarebbero finiti i membri di una di esse.

«Non sappiamo cosa ci riservano le perquisizioni e gli accertamenti in corso – dichiara Maurizio Acerbo, di Rifondazione comunista -. Però di fronte a questo deja vu possiamo già dire che in caso dovesse aprirsi un nuovo capitolo giudiziario ai vertici della Regione, tutti quelli che hanno sostenuto un presidente, che in nessun Paese europeo sarebbe stato candidabile, perché aveva processi a carico, dovrebbero ritirarsi a vita privata».
«Mentre i partiti si ostinano a buttare fango sul Movimento 5 Stelle, perdendo di vista le questioni gravi e reali che affliggono il Paese, il presidente dell’Abruzzo D’Alfonso viene indagato per corruzione – attacca Michela Montevecchi, capogruppo M5S al Senato -. Intanto noi continuiamo a lavorare per la collettività e a tagliarci stipendi e rimborsi. E oggi in Abruzzo i nostri consiglieri regionali hanno acquistato una turbina spalaneve per la Protezione civile».