Il consiglio dei ministri ha varato ieri il Codice attuativo della riforma degli appalti, una sorta di nuovo testo unico che sostituisce le normative precendenti in materia, in primo luogo semplificando: come ha spiegato il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, si passa «da 660 articoli e 1500 commi a 217 articoli con una scelta di grandissima semplificazione e recepimento delle direttive europee». Uno degli aspetti più evidenti è il rafforzamento dell’Anac, l’Autorità presieduta da Raffaele Cantone, ma non mancano le ombre del testo, fatte emergere in particolare dai sindacati.

Si dice addio, ha spiegato il governo, alla Legge obiettivo. «La legge obiettivo è stata un fallimento ed è stata archiviata; basta con le procedure straordinarie, si attua la rivoluzione della programmazione ordinaria», afferma il titolare delle Infrastrutture. Secondo l’esecutivo la nuova legge mette definitivamente in soffitta il massimo ribasso: «Basta con il massimo ribasso, che resterà solo per casi assolutamente marginali e ben normati. Gli appalti verranno assegnati in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – dice Delrio – L’attenzione sarà alla qualità non più al prezzo più basso».

Nel rapporto con i privati il rischio andrà in capo ai soggetti privati, aggiunge il ministro delle Infrastrutture: «Il rischio operativo sarà in capo al soggetto privato. Lo Stato non sarà obbligato a ripianare perdite su rischi assunti dai privati. Sembra una banalità, ma non era così. Con il nuovo codice questa sarà la regola. I privati avranno un rischio vero».

L’Anac aumenta i suoi poteri e le sfere di competenza: gestirà tutte le banche dati sul settore, e intanto metterà a punto delle linee guida necessarie per dare attuazione al nuovo codice. Va ricordato, dall’altro lato, che l’anno scorso le sue spese di funzionamento sono state ridotte del 25%, in ossequio alla spending, ma Delrio ha promesso risorse adeguate.

Uno dei punti più controversi del nuovo testo è l’eliminazione della soglia limite ai subappalti, fissata al 30% nelle normative precendenti: si teme la frammentazione delle ditte a cui verranno affidati, con aumentata carenza nei controlli e soprattutto con il rischio di maggiore infiltrazione della criminalità organizzata.

Il pericolo è «l’ulteriore frammentazione delle imprese edili, con ripercussioni sulla qualità del lavoro», mettono in guardia i segretari generali di Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, Walter Schiavella, Franco Tutti e Vito Panzarella. «Su appalti e subappalti sono inaccettabili ulteriori cali di attenzione, e invece sono sempre più necessari controlli efficaci tesi al miglioramento del sistema di qualità delle imprese e delle opere realizzate, e alla tutela dei lavoratori e delle loro professionalità», spiegano i sindacalisti.

I sindacati avrebbero gradito un obbligo previsto dalla legge, che però non è stato inserito: ovvero che le imprese debbano essere iscritte alle «liste pulite» (cioè non infiltrate dalle mafie, verifica svolta dalle prefetture) per poter ottenere appalti pubblici. Lo prevede tra le sue regole l’Anac, ma ovviamente non ha forza e valore di legge.

Luci e ombre che si ritrovano anche nell’analisi della Cgil. Se il segretario confederale Franco Martini saluta il varo del codice come «un fatto di enorme importanza e valore», chiede però dall’altro lato che «da qui all’approvazione definitiva , prevista il 18 aprile, si dia spazio e ascolto ai temi del lavoro e dei diritti».

«In primo luogo – sostiene Martini – occorre che il testo non contraddica la legge delega sulle clausole sociali che garantiscono la continuità occupazionale nei cambi di appalto né l’applicazione dei contratti di lavoro, questioni di cui non abbiamo ancora piena certezza». «Allo stesso modo è necessario garantire la tutela dei lavoratori in subappalto in quanto una norma di flessibilità che limita il ricorso a questo strumento non può trasformarsi in una deroga totale al suo utilizzo».

Martini aggiunge che la Cgil esprimerà «un giudizio più preciso quando sarà disponibile il testo definitivo» e sottolinea che il sindacato sarà «attento ai temi delle concessioni incorporati nel nuovo codice, soprattutto per la salvaguardia del patrimonio industriale e occupazionale», e che verificherà l’impatto delle nuove norme in materia di investimenti infrastrutturali e superamento della Legge obiettivo».

Infine il riferimento a due vertenze molto presenti nelle cronache recenti, quelle relative ai lavoratori degli appalti di Enel e Poste, aziende che conservano nell’azionariato la presenza del pubblico. «Bisogna evitare di creare incertezze se non veri e propri colpi di mano, come purtroppo sta già avvenendo con le gare al massimo ribasso nel settore dei call center, che stanno producendo migliaia di licenziamenti per responsabilità di aziende pubbliche come Poste e Enel che non rispettano le leggi della Repubblica», dice Martini. Nel settore si rischiano fino a 8 mila licenziamenti, hanno denunciato i sindacati.