A Roma, se gli inquirenti ci hanno visto anche parzialmente giusto, c’era un sistema criminale. Ormai lo sanno tutti: giornali e tv lo ripetono da giorni a getto continuo. C’era anche un sistema criminogeno, del quale invece non parla nessuno, anche se emerge dalle medesime carte che ripercorrono le gesta di Mafia Capitale.
Prendiamo il caso più lampante di minacciose pressioni esercitate da Carminati su Mancini, l’ad di Eur spa. E’ la faccenda per cui «il Pirata», alludendo a quel Mancini che definisce «un lobotomizzato», promette: «Mo’ lo famo strillà come un’aquila». La situazione non si sblocca e Carminati insiste: «Sennò domani mattina vengo su con gli amici… gli facciamo una situazione». Alla fine sbotta al telefono con Carlo Pucci, il suo uomo di fiducia nell’ente Eur: «Devi dirgli una cosa: che non mi rompesse il cazzo a me… Diglielo proprio, dì: mi stai rompendo il cazzo».
La pressione è inequivocabile. La minaccia anche. Del resto questo, o anche questo, faceva nella vita Carminati: recuperava crediti. La faccenda in questione è appunto un credito. Corposo: centinaia di migliaia di euro che Mancini si rifiuta di saldare al Consorzio di Buzzi Eriches 29, nonostante sia già arrivato il decreto ingiuntivo del Tribunale di Roma. Dal contesto sembra che senza quel saldo il Consorzio sia destinato ad andare a gambe all’aria: di qui il nervosismo estremo di Buzzi, fino a che, per interposto «Nero» e non senza resistenze, Mancini si decide a pagare. Chiunque conosca anche da lontano il mondo delle cooperative sa che il ritardo nei saldi, specie a fronte di spese anticipate, è una delle modalità eminenti per affondare una cooperativa o un consorzio. Di fronte al rifiuto di pagare, come si evince dal fatto in questione, un decreto ingiuntivo del Tribunale è carta straccia. L’incazzatura di Massimo Carminati no.
Prendiamo un’altra scena, più volte raccontata in tv. Buzzi cerca di mettersi in contatto con Antonio Lucarelli, potente capo della segreteria di Alemanno, «un Padre Eterno». Il dottore è sempre assente. Poi telefona Carminati e quello addirittura scende in strada di persona per garantire che tutto è risolto a un Buzzi strabiliato: «Aò, tutto a posto veramente! C’hanno paura de lui». Sul cosa dovesse «andare a posto» non è però il caso di sorvolare, come invece fanno un po’ tutti. Lucarelli era l’uomo che stava «sbaraccando» la cooperativa di Buzzi, quello che si era già guardato in giro chiedendo chi fosse pronto a sostituirla. Lo dice nella stessa intercettazione il medesimo Buzzi, definendolo «quello che ha ammazzato dall’inizio». In teoria la faccenda è già risolta. Alemanno ha già deciso la restituzione degli appalti tolti alla «29 Giugno». Nella pratica, però, i fondi necessari Lucarelli non li sblocca. I mezzi adoperati da Carminati per fargli cambiare idea saranno stati di certo esecrabilissimi e probabilmente illegali. Però anche lasciare la vita o la morte di intere cooperative, magari con centinaia di lavoratori all’attivo, in balia degli umori e delle simpatie politiche o clientelari di qualche alto funzionario tanto commendevole non è.
Proprio la vicenda dei rapporti tra la «29 Giugno» è un esempio perfetto di come funzioni il sistema clientelare nelle realtà locali. Le cooperative sociali, si sa, prendono gli appalti per assegnazione diretta e non per gara, altrimenti con i privati non ci sarebbe partita. La divisione degli appalti era stata fatta sino a quel momento dividendo la città in «lotti», da assegnare ciascuno a una delle principali cooperative. Alemanno decide di cambiare strada e con una delibera lascia a secco la cooperativa del centrosinistra: il che, trattandosi di assegnazione diretta, è nei suoi poteri e nel suo diritto fare. E’ a quel punto, probabilmente, che si spalancano le porte per l’infiltrazione di uno come Carminati, che con la destra ex radicale aveva mantenuto ottimi rapporti e che nel «recupero crediti» era un professionista (sia pure senza enfasi: la telefonata in cui Calvio minaccia di sterminare tutta la famiglia dell’insolvente viene fatta dallo spezzapollici in autonomia dal gruppo, che lo redarguisce per l’iniziativa). Le cose non stanno molto diversamente se si passa alle tangenti. Se un funzionario come Luca Odevaine può affermare senza vanterie di essere lui a «indirizzare i flussi» dell’emergenza immigrazione e se nessuno controlla cosa succede una volta erogati i fondi, le tangenti, presto o tardi, sono un destino.
E’ possibile che l’inchiesta in corso abbia decapitato l’organizzazione che vampirizzava Roma. Ma, se il sistema della clientela resta quello che è, un’altra ne prenderà rapidamente il posto. Magari con all’interno gente meno esposta di Carminati e Brugia.