Nella giornata di ieri il quotidiano indiano Economic Times ha riportato alcuni retroscena relativi al caso dei due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, aprendo la strada a nuove ipotesi di «apertura indiana» a una risoluzione consensuale del caso.

Secondo la testata indiana, la licenza ottenuta dalla Corte suprema da Latorre nel mese di settembre – motivata dal peggiorarsi delle sue condizioni di salute in seguito a un attacco ischemico – sarebbe la prova di un «cambio di atteggiamento» da parte del governo indiano. Un’inversione di rotta, secondo ET, dovuta al dialogo in corso tra le due diplomazie, ma che avrebbe visto il disaccordo del ministero dell’Interno indiano, in contrapposizione a una posizione più accondiscendente del ministero degli Esteri.

Secondo gli Interni, concedere un nuovo permesso di rientro in Italia sarebbe stato un errore, a fronte della minaccia di mancato rientro alla quale la Corte suprema indiana era andata incontro nel marzo del 2013 e che era riuscita a scongiurare paventando la sospensione dell’immunità diplomatica dell’ambasciatore Daniele Mancini.

Le rimostranze dei funzionari, durante la riunione inter-ministeriale precedente all’udienza di settembre della Corte suprema, non vennero tenute in considerazione: la posizione ufficiale di New Delhi fu di «non opposizione» per «motivi umanitari», e a Latorre fu concesso un permesso di quattro mesi, in scadenza il prossimo 13 gennaio.

Il governo italiano, per voce della ministra della Difesa Roberta Pinotti, ha chiarito che al momento Massimiliano Latorre non è nelle condizioni di tornare in India entro la data stabilita, dovendo sottoporsi a un intervento chirurgico al cuore il prossimo 8 gennaio. Per l’India significa affrontare, tra poco più di due settimane, un nuovo patto disatteso da Roma, col rischio di alzare nuovamente la tensione tra i due paesi.

La notizia, riportata in India come prova delle fratture all’interno del governo Modi per quanto riguarda il caso Enrica Lexie, in Italia è stata interpretata come l’ennesima prova di una sostanziale «apertura» dell’esecutivo indiano a una risoluzione consensuale della vicenda, che va ad aggiungersi all’ammissione della ministra degli Esteri Sushma Swaraj di una trattativa aperta con Roma.

In realtà la posizione indiana, negli ultimi mesi, non ha registrato alcun cambiamento sensibile: dal primo ministro Modi fino alla recente dichiarazione del portavoce degli Esteri Syed Akbaruddin, le voci ufficiali del governo hanno sempre subordinato ogni decisione «politica» alle sentenze della Corte suprema. Il caso, per New Delhi, è principalmente di carattere giuridico, e le trattative diplomatiche – pur in corso – dovranno attendere i tempi incerti della giustizia indiana.

Sempre secondo quanto rivelato dalla stampa indiana, la proposta di risoluzione consensuale conterrebbe la disponibilità del governo italiano a scuse ufficiali per la morte di Ajesh Binki e Valentine Jelastine, oltre a nuovi risarcimenti per le famiglie delle vittime (che andrebbero ad aggiungersi alla «beneficienza» di 300mila euro elargita nel 2012 dal governo Monti ai parenti dei due marinai); in cambio, l’India dovrebbe rinunciare alla giurisdizione del caso, spostando l’intero procedimento penale in Italia. Un’offerta che la politica indiana sta valutando, ma che potrebbe subire i contraccolpi diplomatici del prossimo mancato rientro annunciato di Latorre.