Adesso che la crisi di governo da minacciata si è fatta reale, la caccia ai voti utili a sostenere una nuova maggioranza senza il Pdl è ufficialmente aperta. E la preda più ambita – va da sé – a palazzo Madama si trova tra gli scranni occupati dai senatori M5S. Sarà anche per questo che i «talebani» di Grillo hanno inasprito ancora di più i toni verso quanti, tra i colleghi pentastellati, non chiudono la porta a un possibile dialogo con il Pd.
Ieri sera Nicola Morra, capogruppo uscente, non appena si è diffusa la notizia delle dimissioni dei ministri Pdl ha messo subito le mani avanti: «Assolutamente non siamo disposti a fare da stampella. Ragioneremo su quanto avvenuto, ma penso che a fronte dell’esperienza fallimentare di questi soggetti non si possa che tornare alle urne». Anche con il tanto disprezzato porcellum, come del resto già da mesi va dicendo Grillo. «Noi siamo stati gli unici insieme a Sel a votare la mozione Giachetti – ha sottolineato Morra – Se loro avessero voluto cambiare la legge elettorale l’avrebbero votata. Perché invece non l’hanno fatto?». E in serata si è diffusa la voce di un documento in cui la coppia Grillo-Casaleggio ribadisce l’intenzione di andare subito al voto.
Al di là delle certezze di Morra, l’unione tra i grillini è tutt’altro che salda. Qualche giorno fa, quando si è trattato di eleggere Pala Taverna come nuovo portavoce al Senato (altra fedelissima di Grillo) in 13 su 50 hanno votato contro e uno si è astenuto. 14 potenziali dissidenti alla linea del voto a tutti i costi che adesso verranno probabilmente contattati e corteggiati dai cacciatori di voti. «Il mio auspicio è che il Pd faccia qualcosa di innovativo da indurre me e il Movimento – intendo soprattutto gli attivisti fuori dal parlamento – a prendere seriamente in considerazione l’apertura di una dialogo», è tornato a ribadire ieri il senatore Francesco Campanella, tra i dialoganti del gruppo. Voce non isolata, la sua. Come lui, infatti, la pensano anche Louis Alberto Orallana, bollato come uno «Scilipoti» qualche settimana per le sue posizioni «aperturiste, ma anche Fabrizio Bocchino , arrivato addirittura ad auspicare «un governo di salvezza nazionale».
Seppure senza sbilanciarsi come i suoi colleghi, non chiude la porta al dialogo neanche la senatrice Serenella Fucksia. «Andare al voto con questa legge elettorale sarebbe assurdo», dice. Quindi voterebbe un governo di scopo? «Perché no? Se accetta i nostri contenuti. Non sono una persona chiusa al confronto, credo che dobbiamo esser aperti a soluzioni serie che possano fare il bene del Paese. Vorrei un governo affidabile, migliore di questo e con persone di qualità. In parlamento ce ne sono tante, vorrei che facessero un passo verso di noi. Certo che con questi partiti…».
Conti alla mano servirebbero almeno sette voti alla nuova maggioranza per poter esistere, ma sarebbe una superiorità troppo risicata per garantire vita tranquilla al futuro esecutivo. Di voti sicuri al momento ci sono infatti quelli dei 108 senatori del Pd, più i 10 delle autonomie, i 20 di Scelta civica e i 7 di Sel (da ieri più possibilista all’ipotesi). A questi si sommano i 5 dei senatori a vita e i 4 degli ex M5S passati al gruppo misto. 154 voti in tutto, quando ne servirebbero almeno 161. Ecco quindi che, a parte qualche fuoriuscito dal Pdl, la decisone che prenderanno i 14 senatori dissidenti del M5S diventa molto più che importante.
Lunedì al Senato ci sarà una riunione per discutere proprio il «che fare» grillino di fronte alla crisi. E già si annunciano fuochi d’artificio. Le prime bordate talebane ci sono state già ieri. Ha cominciato Alessandro Di Battista prendendosela con Orellana: «Io ti voglio bene Louis, ma quando la smetti di sparare cazzate? Non ti è bastato vedere cosa sia il Pd?», ha twittato il deputato M5S. Ha chiuso Roberta Lombardi: «Leggo e vedo qualche eletto 5 stelle tracciare una fantomatica linea politica del movimento. Sia chiaro a tutti che questi piccoli onorevoli parlano esclusivamente a loro nome».