Secondo appuntamento di Antonio Manzini con il gioco d’azzardo. La precedente puntata – Fate il vostro gioco – si era conclusa con l’arresto dei cattivi (coloro che usavano il Casinò di Saint Vincent per riciclare denaro sporco) ma con un omicidio irrisolto. Per Rocco Schiavone era stato un mezzo successo, perché il fumantino vicequestore era convinto che ci fosse ancora molto da indagare sugli affari del Casino e su ciò che accadeva di illegale e losco nei suoi locali. Inoltre, la sua vita aveva subito una repentina svolta.

LA DONNA, LA COLLEGA che aveva imparato ad amare si era rivelata una infame che lo spiava per conto dei servizi segreti. Molti poliziotti della sua scalcagnata squadra aostana mordevano il freno per emergere nel lavoro e nella vita privata. Infine, il passato di Schiavone doveva essere definitivamente consegnato agli archivi.

Rien ne va plus (Sellerio, pp. 310, euro 14) dipana molti fili di una matassa aggrovigliata e non sempre di facile comprensione. Ci sono altri cattivi da arrestare, mentre il romanzo forse anticipa o, più realisticamente, è debitore nei confronti della cronaca giudiziaria di questi ultimi anni. La Valle d’Aosta è un nido di vipere corrotte. Politici, poliziotti, funzionari del Casinò, croupier attingono illecitamente ai soldi per arricchirsi. La magistratura indaga, arriva anche ai colpevoli della grande corruzione, pur consapevole che quel che è stato scoperto rappresenta solo alcuni nodi di una rete criminale articolata e internazionale (Svizzera, Serbia, Slovenia sono parte integrante di una geografia criminale ancora in via di definizione). Rocco Schiavone mette al lavoro la sua squadra investigativa, ricevendo gradite sorprese.

I poliziotti imbranati si rivelato discreti se non buon investigatori. Riusciranno a scoprire molti retroscena di una rapina contro il trasporto del ricavato giornaliero del Casinò, due omicidi e metteranno a segno una ricerca complicata in Rete per catturare informazioni preziose e dipanare i misteri tanto della rapina che degli omicidi. I magistrati gli danno carta bianca nelle indagini, anche se entrano in conflitto con altri colleghi impegnati in indagini sui corruttori e corrotti del Casinò.

C’È IL PASSATO CHE BUSSA alle porte, però. Questa volta è costituito dal corpo di un delinquente che Schiavone ha ucciso anni prima per vendicare l’assassinio della moglie. E poi c’è la poliziotta infame che si rifa viva. Il vicequestore è pronto a fuggire dall’Italia, ma anche quello spicchio di passato si dissolve come la neve di montagna in primavera.

Il romanzo è plumbeo. Aosta è sempre sotto la pioggia e senza sole. Pochi i cieli azzurri della montagna, molto il freddo, l’umidità, la pioggia e una neve che oscura quelle poche certezze che può avere un vicequestore nostalgico dei cieli, degli odori (la puzza, sarebbe meglio dire), i paesaggi romani.

Ma Rocco Schiavone è testardo. Non molla. Continuerà la sua indagine anche quando tutti vogliono che desista dalle sue incerte e confuse sensazioni. È un problema di odore, dice a un certo punto. C’è qualcosa che non torna in quello che fiuto, sostiene il funzionario di pubblica sicurezza.

Per Manzini, dopo questo Rien ne va plus, si pongono non pochi problemi. Come restituire la squadra investigativa dopo che gli imbranati si sono rivelati niente affatto tali. Come incastonare gli amori nati in questo romanzo nell’arazzo abbastanza consolidato di un vicequestore sciupafemmine, di poliziotti rimorchioni o altri ormai maturi ma desolatamente e tristemente single. Alla fine di questo arazzo rimane ben poco. Bisogna disegnarne un altro, mantenendo quella caratterizzazione dei personaggi che rendono ancora non scontate le storie montanare di Rocco Schiavone.