Le disparità tra una regione e l’altra sono il principale ostacolo alla «svolta» sul piano vaccinale promessa da Draghi. Le differenze non riguardano però il numero assoluto di somministrazioni effettuate dalle varie regioni, perché tutte hanno dato fondo alle scorte in misura simile. La Calabria è stata la più parsimoniosa, avendo usato il 75% delle dosi ricevute, mentre la provincia di Bolzano ne ha impiegate il 94,1% ed è rimasta praticamente senza scorte. 15 regioni su 21 però hanno messo da parte tra il 10 e il 20% delle dosi. Tra due regioni come la Lombardia e il Lazio (vituperata la prima, indicata come modello la seconda) le differenze sono di pochi decimali, avendo somministrato rispettivamente l’83,7% e l’85,1% delle dosi ricevute. Tenerne un po’ di magazzino per garantire i richiami potrebbe essere saggio: sotto la gestione Arcuri era consigliato alle regioni di accantonare il 30% delle fiale. Se dunque il piano non ha rispettato i ritmi previsti inizialmente (5,9 milioni di vaccinati entro marzo, mentre ieri erano circa la metà) è colpa delle forniture a singhiozzo della AstraZeneca e non delle regioni: per quell’obiettivo non sarebbero bastate tutte le dosi ricevute.

LE VERE DIFFERENZE tra una regione e l’altra si vedono nella scelta delle categorie prioritarie. Finché si è trattato di vaccinare gli operatori sanitari, facilmente raggiungibili dagli addetti alle vaccinazioni, le cose sono procedute speditamente un po’ ovunque, illudendo governo e cittadinanza che l’Italia avesse organizzato la campagna di immunizzazione meglio di tutti in Europa. Quando si è cominciato a vaccinare gli anziani sono iniziati i problemi. Di fronte alla scelta se proseguire a somministrare dosi negli ospedali o organizzarsi per rendere agevoli le operazioni per gli ottantenni, molte regioni hanno optato per la strada più facile, preferendo offrire dosi anche a chi non ne aveva diritto. Il risultato è che gli operatori sanitari hanno ricevuto più dosi di quelle previste dal piano vaccinale iniziale. Secondo la versione varata a dicembre, i sanitari “in prima linea” da vaccinare erano 1,4 milioni, una stima già generosa che comprendeva anche i dirigenti in aspettativa e gli amministrativi in smart working. Con la gestione del generale Figliuolo, la platea dei sanitari da vaccinare è salita ancora fino a 1,9 milioni di persone, la metà delle quali deve ancora ricevere la seconda dose.

LE VACCINAZIONI negli anziani invece procedono a ritmo diverso da una regione all’altra. Mentre a Bolzano per ogni dose somministrata a operatori sanitari ne sono state destinate 2,34 agli ultrasettantenni, in Toscana questo rapporto scende a 0,85. Non fanno bella figura nemmeno la Sardegna (0,91), la Puglia (0,99) e la Lombardia (1,16), rispetto a una media italiana di 1,33. Tra le regioni più popolose, sono risultate più efficienti sugli anziani il Lazio (1,43), l’Emilia-Romagna (1,53), il Veneto (1,57) e la Campania (1,65), sulle cui cifre c’è un piccolo giallo: secondo il governo quasi la metà dei sanitari devono ancora essere vaccinati, la regione sostiene di aver raggiunto oltre il 90% di medici e infermieri. Un confronto tra i tecnici è in corso al fine di allineare i dati.

PER ACCELERARE la campagna vaccinale e raggiungere un maggior numero di anziani, il governo punta anche sulle farmacie. Ieri il ministro della salute Speranza ha firmato un accordo quadro con le associazioni di categoria Federfarma e Assofarm, che consentirà ai farmacisti che aderiranno all’iniziativa di inoculare le dosi. Alle farmacie saranno destinate dosi di tutti e tre i vaccini fin qui autorizzati. I farmacisti dovranno farsi carico delle prenotazioni rispettando le priorità tra le categorie stabilite dal governo, escludendo però i pazienti estremamente vulnerabili e quelli a rischio di reazioni allergiche gravi. Non sarà necessaria la presenza di personale medico durante le operazioni, ma i farmacisti dovranno seguire una formazione apposita e allestire strutture idonee, preferibilmente esterne alle farmacie sul modello delle tende usate per i test rapidi, in cui i vaccinati dovranno essere ospitati anche per un periodo di osservazione di almeno 15 minuti. In cambio, i farmacisti riceveranno un contributo di sei euro per ogni vaccinazione effettuata, più eventuali integrazioni decise a livello territoriale. L’accordo deve essere recepito da ciascuna regione.