«Il luogo è il centro di Berchidda, con le sue vie strette e gli slarghi che introducono tutti alla piazza centrale, Piazza del popolo. Il tempo è la settimana prima di Ferragosto, quella nella quale, la sera, si svolgono i concerti principali del Time in Jazz, il festival che fa di un piccolo paese collinare a cavallo tra la Gallura e il Logudoro, al quale storicamente appartiene, una capitale della musica».

Ma il luogo si dilata e si dilata il tempo ne I racconti di Geremia nel paese del jazz di Antonio Casu che Nemapress Edizioni di Alghero ha mandato in libreria.

Un dilatarsi annunciato, in esergo, da due citazioni: da Tutto il miele è finito di Carlo Levi («Qui, nell’isola dei sardi, ogni andare è un ritornare. Nella presenza dell’arcaico ogni conoscenza è riconoscenza»); e da Sardegna come un’infanzia di Elio Vittorini («Ogni cosa nella vita della Sardegna diventa immemoriale e rimonta alla creazione della terra»). Sette giorni articolano in altrettanti capitoli il racconto, dove quell’intensa parola di Levi – riconoscenza – si muove come un sentimento ritrovato.

È la gratitudine per chi la memoria di una comunità tramanda. È un educarsi all’ascolto così che le vicende narrate ‘ritornino’ ed apprese ti crescano dentro e ti rendano simile nei pensieri, nei modi, nei ritmi del linguaggio ai tuoi maggiori: essi furono, un tempo, ed ora risiedono in te e, della loro, la tua voce ne risulta l’eco.

Il tramandare non si esaurisce in un mero custodire: è una acquisizione di conoscenza che dà senso al vivere, induce all’amore per gli altri, la condizione che consente il rispetto di sé stessi.

Geremia tramanda memorie nella lingua degli antichi nelle forme della parola poetica. Egli porta «con leggerezza i suoi anni, poco meno di novanta, sempre con sguardo aperto, prodigo di detti, di aforismi, poesie in limba, disponibile a raccontare aneddoti e a declamare versi».

Nelle parole di Geremia prendono rinnovata vita situazioni e figure che alitano sospese e sparse nei ricordi di molti a Berchidda, a legare i vivi e i morti. Un volto, un detto, una vicenda resa senza contorni dall’oblio si fissano, ora balzano netti, confermano la permanenza dei casi che fanno la vita delle generazioni con le domande che esse si posero e ti rivolgono intatte, non eludibili.

Una, suprema, fra tutte, occupa Geremia: «‘Tu chi sei?’ Posso rispondere: ‘Mi sono ignoto. Dicono che certi conoscono tutto, e io non conosco neanche me stesso (e deo no connosco mancu a mie)».

Le occasioni, certo, variano, ma si fanno opportunità nuova solo se eseguite entro margini noti, entro uno spartito che consente liberi inserimenti, dilatazioni appunto, tanto più estese quanto più si espandono nella tenuta del canone che le genera.

Casu annota: Geremia dice «Antoni, isculta. Non prosegue tuttavia, nel racconto che aveva iniziato la mattina. Segue i pensieri della memoria. E io ascolto attentamente, trascrivendo al volo».

Ti avvedi allora che le regole e le cadenze della musica suonata nei sette giorni di Time in Jazz, animati da Paolo Fresu nelle vie e nelle piazze di Berchidda, quegli stilemi del jazz generati in tempi lontanissimi si corroborano e si rispecchiano nei moduli arcaici di Geremia. Il fondamento del jazz scrive Casu «si tratti di campi di cotone o di vigneti, origina dalla fatica della terra. Esprime un anelito di libertà. E per questo dà vita ad una cultura della condivisione, fondata sul rispetto».

Casu ricorda: «Sul leggero declivio immediatamente antistante i filari ordinati di una grande tenuta vinicola, seduti sull’erba a gambe incrociate in una cavea naturale, il padre di Paolo Fresu, da tutti chiamato zio Lillino, già avanti con l’età, fermo al centro di questo inconsueto proscenio, al momento prefissato, dopo che il pubblico si era sistemato, diede inizio al concerto sollevando con un colpo di zappa una zolla di terra. Poi, pacatamente, un altro colpo di zappa e un’altra zolla. E un altro, e così di seguito. E ad un tratto, ogni colpo di zappa veniva accompagnato prima da un suono di tromba del figlio, e poi da un crescendo di suoni, che infine sono diventati musica».