«Ricordi Pirandello? In Sicilia siamo uno, nessuno, centomila». Poteva capitare rispondesse così Antonino Buttitta, grande intellettuale e antropologo scomparso ieri all’età di 83 anni, a un giovane studioso appena approdato a Palermo per ragioni di lavoro. Con la generosità e l’attenzione che ne contraddistinguevano la complessità di pensiero, Buttitta ha composto un’opera, intellettuale e scientifica, imponente.

Era nato a Bagheria, paese con cui ha mantenuto continui e costanti rapporti che ha dato i natali anche a suo padre Ignazio, fra i maggiori poeti dialettali del Novecento italiano. Saranno il poeta e il suo maestro di studi, Giuseppe Cocchiara, ad influenzare la formazione culturale e il modo di guardare il mondo dell’antropologo. Bagheria e la Sicilia intera costituiscono il centro da cui si irradiano il suo sguardo critico e i suoi incontri e confronti da un lato con i grandi personaggi dell’isola del secondo Novecento, fra gli altri Renato Guttuso, Leonardo Sciascia, Enzo Sellerio, Elvira Giorgianni, Janne Vibaek e Antonio Pasqualino, dall’altro con importanti pensatori quali Romàn Jakobsòn, Algirdas J. Greimas, Jurj Lotman, Umberto Eco.

PROFESSORE emerito dell’Università degli Studi di Palermo, ha insegnato Antropologia culturale nella facoltà di Lettere e Filosofia, di cui è stato preside dal 1979 al 1992. Attorno alle riviste Uomo & Cultura, Nuove Effemeridi, Archivio Antropologico Mediterraneo, da lui fondate e dirette, è confluita un’importante stagione di studi per l’antropologia e più estesamente per le scienze linguistiche e sociali. Tra i fondatori dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici, è stato presidente del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, segretario generale della International Association for Semiotic Studies, direttore didattico del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo.

Con passione ha costituito la Fondazione dedicata al padre, tutt’oggi fortemente impegnata in attività culturali di ampio respiro. Ha sempre accompagnato l’impegno intellettuale alla passione politica, ricoprendo il ruolo di Deputato tra le fila del Partito Socialista Italiano dal 1992 al 1994.

LA SCUOLA ANTROPOLOGICA di Palermo e il Circolo Semiologico Siciliano rappresentano sicuramente, nel panorama nazionale, e non solo, l’esito più fecondo dell’instancabile opera culturale di Buttitta, che ha ripensato e aperto la tradizione di studi siciliana inaugurata da Giuseppe Pitrè. In questo percorso di rinnovamento ha avuto un ruolo decisivo l’incontro con la semiotica e l’aver fatto dialogare proficuamente la linguistica con l’antropologia.
L’INFLUENZA di Antonino Pagliaro, le suggestioni dello storicismo crociano e gramsciano, il dialogo con Alberto Cirese, l’incontro con lo strutturalismo e per certi versi il suo superamento sono confluiti nella strutturazione di una figura che ha definito uno spazio originale negli studi antropologici. L’antropologia, amava ripetere, è lo studio dei fenomeni in quanto segni e insiemi di segni. Questa dimensione speculativa è confluita in opere importanti quali Semiotica e Antropologia (1979) e Dei segni e dei miti. Una introduzione alla antropologia simbolica (1996).

IL SUO IMPEGNO scientifico, inoltre, si è rivolto allo studio della cultura siciliana, dalle cerimonie festive all’arte popolare, dalla cultura materiale alle fiabe e ai miti. Su questi ultimi temi si orienta il recente lavoro Mito, fiaba, rito (2016).
Fino agli ultimi giorni ha continuato a scrivere. Le sue pagine manoscritte sparse sul divano e sulla piccola scrivania testimoniano una curiosità e una voglia di comprendere mai sopite. A chi lo ha conosciuto resta il ricordo di un grande uomo, insieme al compito di interrogare la sua imponente opera.