«So chi mi vuole morto». Giuseppe Antoci è provato. In ospedale, sotto shock, abbraccia la moglie, i figli. Con lui c’è Rosario Crocetta che tre anni fa lo ha voluto alla guida del Parco dei Nebordi per fare pulizia della mafia tortoriciana, alleata con i clan dei Santapaola, che lucra sui terreni pubblici grazie a connivenze. Antoci è scosso. Davanti a sé ha immagini confuse, caotiche. Nelle orecchie l’eco degli spari. «Sono vivo per miracolo, mi hanno salvato gli agenti di scorta», ripete. È il racconto di un sopravvissuto.
È l’una di notte, tra martedì e mercoledì. Antoci sta rientrando a casa, a Santo Stefano di Camastra, due ore di strada da Palermo e due da Messina, dopo una cena per l’apertura di un albergo, a Cesarò. È stanco. Si accomoda sul sedile posteriore della blindata, una Lancia Thema, e si addormenta mentre l’auto è in viaggio. Alla guida c’è uno dei due agenti di scorta. Due anni fa Antoci aveva ricevuto il primo avvertimento. «Finirai scannatu tu e Crocetta», c’è scritto in quella lettera spedita da Sant’Agata di Militello, nel messinese. L’anno successivo il secondo avvertimento. Il centro di smistamento delle Poste di Palermo intercetta una busta con due proiettili diretti ad Antoci e al dirigente del commissariato di Sant’Agata di Militello, Daniele Manganaro. Il comitato per l’ordine e la sicurezza gli assegna la tutela.
Sulla provinciale è buio pesto, tra i comuni di Cesarò e San Fratello. Dietro la blindata a bordo di un’altra auto c’è il vicequestore Manganaro, commissario a Sant’Agata, che sta rientrando con un collega. Anche loro sono reduci dalla cena, trascorsa assieme ad Antoci e ad altri.

All’improvviso la blindata del dirigente rallenta: in mezzo alla strada ci sono dei massi. E soprattutto c’è una vettura messa di traverso. L’agente alla guida, frena. Antoci si sveglia. È un attimo. Poi il caos. Dall’auto di traverso vengono esplosi diversi colpi d’arma da fuoco: tre vanno a segno, forando lo sportello posteriore sinistro della blindata, proprio dove è seduto il presidente del Parco. Il vice questore Manganaro risponde subito al fuoco, anche i due agenti di scorta sparano. Gli attentatori, «quattro o sei» persone racconterà poi Antoci agli investigatori, fuggono in auto. Gli agenti continuano a sparare nell’oscurità, seguendo le luci posteriori della vettura in fuga. Sull’asfalto ci sono tracce di sangue, probabilmente uno dei componenti della banda è rimasto ferito. Non solo. Gli investigatori, giunti nel luogo dell’agguato, scoprono un altro elemento ancora più inquietante: vengono rinvenute due molotov. Il commando, secondo gli investigatori, non avrebbe avuto il tempo di lanciarle per la prontezza di reazione dei poliziotti. «È probabile che volessero incendiare l’auto obbligandoci a scendere, per essere bersagli più facili da colpire e uccidere», è convinto Antoci.

Laurea in Economia e commercio, capo area in Sicilia della Banca Sviluppo, azienda di credito sorta nel 2000 e con sede in otto regioni, Antoci, 48 anni, alle politiche del febbraio 2013 si candidò al Senato con Il Megafono, movimento fondato da Crocetta; ma non venne eletto. Poi la nomina alla guida del Parco, per otto anni gestita da commissari, che nell’area dei Nebrodi rompe quella sorta di “patto sociale” che andava avanti da decenni e che consentiva l’utilizzo per pascolo, a canoni irrisori, dei terreni demaniali. Alla rottura contribuisce anche il sindaco di Troina (Enna), Fabio Venezia, anche lui sotto scorta per le numerose minacce ricevute. Quando Troina si aggiunge agli originari comuni del Parco porta in dote 4.200 ettari di terreni a pascolo che il sindaco rifiuta di concedere alle solite condizioni. Antoci trova un alleato e comincia la serrata verifica dei contratti, su impulso del governatore Crocetta che lo affianca nella battaglia di legalità.

19soc1 PARCO NEBRODI

L’allargamento dei controlli (il Parco ha un’estensione di 86 mila ettari e comprende 24 comuni) e la richiesta di certificazione antimafia e dei carichi pendenti avviene anche per chi intende stipulare o rinnovare contratti di piccolo importo, e comunque ben al di sotto della soglia prevista per legge. Alcuni beneficiari si rivolgono al Tar, perdono. Alcune concessioni di terreni vengono revocate e dai tribunali arrivano sentenze che inchiodano gli affittuari, che insieme ai privilegi concessori perdono anche i lauti finanziamenti dell’Unione europea, calcolati sugli ettari a disposizione. Un affare milionario osteggiato dal presidente del Parco dei Nebrodi anche attraverso un protocollo di legalità firmato con la Prefettura di Messina, nel marzo del 2015.