Il presidente Usa Joe Biden ha deciso di nominare alla Federal Trade Commission Lina Khan, studiosa di diritto della Columbia University, conosciuta per il suo articolo del 2017 Amazon’s Antitrust Paradox e sostenuta dagli attivisti anti-Big Tech per il suo impegno nell’antitrust e la sua specializzazione in quella parte di diritto che regola la concorrenza negli Stati uniti.

Una nomina che si va ad aggiungere a quella di un altro accademico, Tim Wu, come consulente economico della Casa bianca, segnale che Biden, quando si tratta di Amazon, Google, Facebook e gli altri giganti tecnologici, è pronto a perseguire un’agenda normativa aggressiva.

Wu ha la stessa estrazione accademica di Khan, la prestigiosa e super liberal Columbia university di New York, è noto in ambito legale e accademico per contributi significativi alla politica antitrust e sulle comunicazioni wireless, mentre popolarmente è conosciuto per aver coniato il termine net neutrality, neutralità della rete, in un articolo pubblicato nel 2003. Wu è anche stato uno dei principali sostenitori di una causa antitrust diretta allo scioglimento di Facebook.

Le scelte di Khan e Wu rappresentano un enorme cambiamento nella politica Usa e una rottura con la filosofia dell’era Obama, che aveva creato con orgoglio un’alleanza dichiarata tra il Partito democratico e le Big Tech.

Alla fine della campagna presidenziale del 2008, un importante consigliere di Obama si era meravigliato che Eric Shmidt, allora ceo di Google, avesse lavorato così a stretto contatto con la campagna di Obama sulla sua infrastruttura tecnologica, al punto che il lavoro e la consulenza avrebbero meritato di essere considerati un’enorme donazione in natura. Il rapporto non si è fermato lì: per tutto il periodo in cui Obama è stato presidente, la sua amministrazione e la Silicon Valley hanno avuto una relazione simbiotica.

L’ascesa di Khan e Wu, due dei più importanti intellettuali nelle recenti prese di posizione progressiste sull’antitrust, segnala una rottura con quel passato e suggerisce che Biden è in sintonia con il punto di vista della sinistra, secondo cui le politiche di laissez-faire di Obama hanno contribuito a generare il contraccolpo populista che si è concluso con l’elezione di Trump.

L’aggiunta di Khan alla Ftc è una mossa che sarà probabilmente accolta con allarme dall’industria tecnologica e suggerisce che la Casa bianca stia già gettando le basi per un secondo atto che includerà una grande spinta normativa, una volta che la sua agenda legislativa iniziale avrà compiuto il suo corso.

Alla lista di personalità invise alle Big Tech e scelte da Biden, va annoverata anche Vanita Gupta, che ha sostenuto il cambiamento dei diritti civili nelle Big Tech e che ieri ha affrontato il Congresso per il ruolo di procuratore generale associato al Dipartimento di Giustizia.

Public Citizen, organizzazione che combatte il potere delle grandi aziende, ha elogiato pubblicamente queste nomine definendole «un segno di speranza riguardo il fatto che l’amministrazione Biden intenda adottare un approccio più aggressivo nell’applicazione dell’antitrust».

Jeffrey Chester, direttore esecutivo del Center for Digital Democracy, ha affermato che Khan potrebbe rendere nuovamente rilevante l’Ftc dopo decenni di ritardo sulle questioni antitrust. «È una nomina vitale che può aiutare a tirare fuori la Ftc dal pantano in cui si è affossata per decenni».